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  • Immagine del redattoreMatteo Cardia

A Wembley inizia la Final Four di Euro2020


Italia, Spagna, Inghilterra, Danimarca.

Sono le ultime quattro pretendenti alla coppa della massima competizione calcistica per nazionali del Vecchio Continente.


Euro2020 si è fatto attendere per un anno in più ma sembra quasi che ne sia valsa la pena. Un’edizione in cui calcio e politica si sono ancora una volta intrecciati, dove c’è stato spazio per i sentimenti e per le emozioni forti, in giro per un’Europa che affronta in maniera diversa una pandemia che sembra essere verso il viale del tramonto. Ora la tappa finale. Una Final Four che si svolgerà tutta nel leggendario Wembley di Londra, forse l’unica idea realmente ripetibile in futuro di questo Europeo itinerante.


Italia – Spagna

Italia e Spagna non sono mai state così simili. Sono le due squadre che più amano tenere il pallino del gioco. Sembra quasi strano dirlo per gli Azzurri, ma è un’abitudine nata all’inizio dell’epoca Mancini e che si è mostrata nella sua massima bellezza durante questo torneo. Per la Spagna non è invece una novità. La qualità nel palleggio è uno dei punti di forza degli iberici, uno dei marchi di fabbrica dell’epoca d’oro degli spagnoli, quando a metà campo giostravano giocatori come Xabi e Iniesta. Le statistiche lo confermano: la Roja è prima con il 67.2% di possesso palla e prima per precisione nei passaggi con l’89.4%; l’Italia è terza nel primo dato, e dista di un solo punto percentuale rispetto alla rivale nel secondo. Le due squadre quasi si equiparano per tiri tentati, con l’Italia prima e la Spagna seconda. La situazione cambia però per la fase difensiva, dove la Spagna ha mostrato più di qualche amnesia tra fase a gironi e seconda fase. La titolarità di Azpilicueta ha dato qualche certezza in più, ma tra le quattro squadre arrivate a Londra quella di Luis Enrique è quella che ha subito più gol, 5, e che mostra qualche incertezza in più anche nella fase di pressione. [1]


La sfida più affascinante sarà a centrocampo, il reparto più forte di entrambe le compagini: Barella, Jorginho e Verratti si sono dimostrati di gran lunga la mediana più importante dell’Europeo, con l’aiuto di due giocatori dimostratisi essenziali come Locatelli e Pessina; per la Spagna, il rientro di Busquets è stato cruciale per costruire con il talento smisurato di Pedri (2002) e la solidità di Koke, una batteria di metà di campo di massimo livello. Il gruppo italiano ha dimostrato di saper accompagnare con maggior frequenza l’azione, donando anche più cinismo alla fase offensiva. Tuttavia, la sfida non sarà impari. Entrambe le contendenti alla finale giocano con 3 giocatori in attacco ed entrambe condividono il problema di punte centrali continuamente bersagliate in patria: Morata e Immobile, entrambi a quota due gol, patiscono un tipo di calcio che gli offre poche opportunità e chiede tanto sacrificio indebolendone la lucidità di fronte alla porta. Così, nel frattempo, i protagonisti sono diventati gli esterni offensivi, da ambo le parti: Insigne, Chiesa, Berardi da un lato; Oyarzabal, Olmo, Sanabria, Ferran Torres dall’altra. Sarà una semifinale tra due squadre che si somigliano, a cui mancheranno uomini importanti come Spinazzola e Sanabria, e in cui tutto sembra dire che ci sarà da divertirsi. O da soffrire, dipende da che lato si deciderà di guardare la realtà del campo.


Inghilterra – Danimarca

La prima era data insieme alla Francia come principale pretendente all’Europeo. L’altra era la possibile outsider. Entrambe hanno rispettato i pronostici ma con percorsi diversi e complessi per differenti ma egualmente importanti motivi.


La vita di Christian Eriksen in sospeso per minuti apparsi interminabili, è stato l’ostacolo più grande per la squadra danese, oltreché per milioni di appassionati. L’immagine dei giocatori stretti a difendere il corpo del compagno a terra da occhi indiscreti resterà quella più bella di Euro2020, il simbolo perfetto per testimoniare dove si può trovare la forza per ripartire.

Squadra nel senso più completo della parola, la Danimarca ha sopperito all’assenza del suo giocatore più importante attraverso il funzionamento di ingranaggi ben oliati e di una spinta morale più forte alle avversarie. Difesa e centrocampo sono rimasti pressoché sempre gli stessi in tutte le uscite: Schmeichel, Kjaer, Christensen e Vestergaard il corpo centrale, insieme a Hojbjerg e Delaney davanti loro; gli esterni Maehle e Stryger Larsen, fondamentali in ambo le fasi, cruciali nel rifornire un attacco che prova a non dare mai punti di riferimento e che ha trovato in Damsgaard e Dolberg i giocatori più imprevedibili. Ordine, carisma e un briciolo di incoscienza. La squadra di Kasper Hjulmand, il direttore d’orchestra perfetto dopo anni d’esperienza nel Midtjylland [2] fucina di talenti e dopo il provante inizio dal punto di vista mentale, ha visto salire le prestazioni tra fine del girone e inizio delle fasi finali. È parsa soffrire realmente solo nel secondo tempo contro la Repubblica Ceca, dove ha saputo comunque tener duro durante i minuti in cui la coppia in mediana ha faticato a contenere la verve del centrocampo ceco. Un aspetto che Southgate e l’Inghilterra potrebbero tenere bene a mente. Una qualità infinita a disposizione, ma anche troppe luci puntate addosso e dissidi con i tifosi per via della decisione di inginocchiarsi ad ogni partita contro il razzismo.


Gli inglesi hanno cominciato senza convincere, facendo fatica a trovare ritmo e solidità nelle trame offensive. Per questo, è stato fondamentale l’impatto di Raheem Sterling, un giocatore che ha sempre sognato di fare la storia a Wembley. [3] La svolta è arrivata agli ottavi contro la Germania: il cambio di modulo deciso dal CT inglese ha dimostrato come l’Inghilterra fosse in grado di cambiar pelle, restando più abbottonata senza perdere troppa qualità. Seppur arrivata senza straordinari sussulti, la vittoria ha ridato forza alla squadra che ha trovato anche il primo gol del suo capitano Harry Kane. Contro l’Ucraina, gli inglesi sono tornati al 4-2-3-1 sfruttando la propria classe sugli esterni offensivi e tenendo a bada i punti forti degli avversari. Rinunciare parzialmente alla pericolosità per dare più spazio alla tattica potrebbe essere rischioso ma la panchina colma di qualità dà. sicurezze che la Danimarca non ha: cambiare in corso è un punto di forza, come dimostrato dall’ingresso decisivo contro la Germania di Jack Graelish.


Italia, Spagna, Inghilterra e Danimarca. Da queste quattro uscirà la vincitrice di un torneo che verrà ricordato per tanti motivi ma soprattutto per uno: la bellezza del calcio, che ha riportato un’altra parte di normalità nella vita del Vecchio Continente.


Fonti: [1] Tournament stats, UEFA.com, https://www.uefa.com/uefaeuro-2020/statistics/ [2] Redazione, Numbers, Knowledge and Better Set Pieces: a View Into Soccer’s Future, The New York Times, 30 dicembre 2020,

https://www.nytimes.com/2020/12/30/sports/soccer/soccer-future-midtjylland.html [3] Francesco Bonfanti, Raheem Sterling e la magia di quel tatuaggio diventato realtà agli Europei 2021, GQ, 22 gkiugno 2021

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