top of page
  • Paolo Falqui

Ci è rimasto solo il gossip


“Messina Denaro, pizzini e lettere a donne (e amanti)”.

“L’amante e un figlio segreto, i segreti di Messina Denaro”.


Il livello di approfondimento e inchiesta sulla notizia della cattura di Matteo Messina Denaro sono stati la spia dello stato di salute del giornalismo italiano. Ci si sarebbe potuti interrogare su come il criminale più ricercato degli ultimi 30 anni sia riuscito a sfuggire all'arresto rimanendo tranquillo a casa sua e conducendo una vita quasi normale, chi l’ha protetto o chi (forse) ha sbagliato strada cercandolo. Eppure, tra l’euforia della notizia e la classica corsa della politica ad appuntarsi la medaglia, questi interrogativi non sono stati posti, e forse neanche ce lo si sarebbe dovuto aspettare.


L’approfondimento nel giornalismo italiano latita, e non è una novità. Nella società dell’informazione rapidissima assistiamo al progressivo declino delle testate di tutto il mondo, che inseguendo l’esclusiva e la velocità dimenticano le basi stesse del giornalismo, tra l’assenza di verifiche (memorabile il caso dell’intervista falsa a Mario Mandzukic, all’epoca giocatore della Juventus, creata da una pagina Facebook satirica e arrivata fino al Guardian) e la leggerezza della trattazione. Non è dunque un problema solo italiano.

I social e il declino della carta stampata impongono alle testate il massiccio ricorso al click-baiting (letteralmente acchiappa-click, ndr) semplicemente per mantenere numeri e sostenibilità economica, ma gli effetti sul dibattito pubblico sono enormi. Negli ultimi anni, abbiamo visto qual è stato il livello della comunicazione politica, che sfrutta proprio l’assenza di approfondimento giornalistico per poter formulare proposte elementari senza alcun tipo di spessore o dire tutto e il contrario di tutto senza mai ricevere un contraddittorio. Paradossalmente sembrano contribuire positivamente all’informazione politica critica più le pagine di meme che i giornali tradizionali.


A questo proposito, può risultare controintuitivo il fatto che le piccole e giovani testate con meno risorse o informatori indipendenti, su blog o Youtube, riescano a fornire un’informazione di qualità superiore rispetto ai mezzi tradizionali. È invece proprio il loro modello di business che gli permette di investire sulla qualità: i grandi editori sono costretti a fare i conti con strutture di funzionamento e diffusione pesanti a livello di bilancio e che obbligano, in un contesto di ridimensionamento degli introiti dai giornali fisici, a cercare il massimo reddito possibile dagli introiti pubblicitari, puntando più sulla quantità di pagine viste che sul tempo di permanenza, che infatti è tra i 3 e i 5 minuti [1], mentre le reti di giornalisti freelance o le piccole testate digitali possono sostenersi anche senza ricorrere a trucchetti in grado di portare un gran numero di click, potendo così concentrarsi sul livello della loro informazione per poter emergere e/o guadagnare attraverso donazioni private (abbonamenti o Patreon).


Inoltre, i grandi giornali sono più suscettibili alle influenze politiche, per la loro visibilità e per la loro storia spesso legata a differenti schieramenti, e per ingraziarsi i lettori di vecchia data e le nuove personalità del dibattito politico spesso si appiattiscono sulla visione più conveniente.

L’inclinazione all’ascolto verso il potere politico, evidente nel servizio pubblico per ovvie ragioni e denunciato dal recente monitoraggio AGCOM che mostra come gli esponenti al governo hanno occupato il 70% degli spazi televisivi in Rai [2], è un problema non solo del giornalismo in sé, ma influisce anche sul corretto funzionamento della democrazia, svilendo il dibattito pubblico e formando fazioni di tifosi più che di elettori, utili più al rendiconto economico delle testate e a quello politico dei partiti che non all’interesse del Paese.


Così osserviamo come la complessità dei problemi (e delle soluzioni richieste) viene deliberatamente ignorata, in quanto difficilmente vendibile su larga scala e questo origina una grande massa informata attraverso i mezzi tradizionali che pensa solo in termini di problemi e soluzioni semplici, intaccando il funzionamento di una democrazia matura. Per non parlare degli ampi spazi concessi a personaggi di dubbio gusto, dalla poca autorevolezza e che in nessun altro Paese occidentale avrebbero visibilità, ascoltati in nome della pluralità di pensiero, che tuttavia un giornalismo serio dovrebbe filtrare attraverso l’applicazione dell’etica professionale e del pensiero critico.


Rischia così di rimanere solo il gossip, l’arma di attrazione di click definitiva e che trasforma qualunque evento in una morbosa ricerca del pettegolezzo. E via quindi con le donne di Messina Denaro, la moglie modella del defunto Vialli, la foto in bikini di questa o di quella cantante e i commenti sessualizzanti sui social della figlia minorenne di Totti.

È rimasto solo questo.


Quanto espresso in questo articolo è basato sulle opinioni dell'articolista che non necessariamente riflettono la linea editoriale di TocToc Sardegna


Fonti:

[1] Rapporto 2019 sull’industria dei quotidiani in Italia, ’Osservatorio tecnico “Carlo Lombardi” per i quotidiani e le agenzie di informazione, https://www.fieg.it/upload/studi_allegati/Rapporto2019.pdf

[2] Antonio Bravetti, Tg Rai, centrodestra a reti unificate: “Alla maggioranza il 70% di tempo”, La Stampa, 22 gennaio 2023, https://www.lastampa.it/politica/

bottom of page