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  • Immagine del redattoreAlessandro Usai

Come mai l’Azienda per la Tutela della Salute ha sollevato dubbi fin dalla sua istituzione?


Com’è nato questo sistema? Qual è stato il bisogno o la causa scatenante che ha portato a questo cambio di regime?

Tra il 2015 e il 2016 ci sono state varie indagini riguardo alla situazione sanitaria italiana, poiché in seguito alla crisi del 2008 e alla messa in atto del Fiscal Compact del 2012 occorreva un maggior controllo sull’erogazione dei servizi pubblici e sulla qualità di questi.


Come si può notare dalla figura 1, in seguito ai dati sull’andamento delle performance dei vari Sistemi Sanitari Regionali (SSR), si è scoperto che, in una scala da 0 (il punteggio più basso) a 1 (quello più alto), l’indice complessivo di performance oscillava tra un massimo di 0,63 (nel Veneto) ad un minimo di 0,33 (in Campania).


Figura 1: Indice complessivo di Performance dei SSR per quanto riguarda l’erogazione dei servizi (periodo in riferimento 2012 -2016).

Fonte: Elaborazione C.R.E.A. Sanità su preferenze espresse dal Panel


Occorreva, di conseguenza, una riforma sanitaria in tutta l’Italia che potesse migliorare la situazione delle performance dei SSR, soprattutto per le regioni che si trovavano negli ultimi posti come la Calabria, la Puglia o la Sardegna.


In questo modo si è arrivati al decreto ministeriale 70/2015 che ha inserito nuovi standard qualitativi, tecnologici e strutturali per le strutture facenti parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) [1], affinché venisse potenziato il sistema di erogazione dei servizi con costi più contenuti per la spesa pubblica.

Tra i nuovi standard ci sono ad esempio: la suddivisione dei presidi ospedalieri in tre tipi; soglie minime del volume d attività delle strutture; o un numero minimo di posti letto per acuti. [2]

Per le strutture che non possedevano questi standard era prevista la dismissione.

Ciò ha portato alla chiusura di numerose strutture nel sud e nelle isole, poiché erano le zone d’Italia meno all’avanguardia; occorreva, perciò, che le regioni si adeguassero ai nuovi requisiti standard svecchiando i propri SSR.


La Sardegna come si è mossa?

L’assessore alla sanità della Regione Autonoma della Sardegna di quegli anni, Luigi Arru [3], introdusse, tramite la legge regionale n. 17/2016, un modello accentrato per tutto il sistema sanitario sardo [4] raggruppando le strutture ospedaliere della regione in 5 aree sociosanitarie (attualmente 8), facenti parte di un'unica grande azienda chiamata ATS (Azienda per la Tutela della Salute).


Queste aree avrebbero avuto un territorio ben circoscritto e, esattamente come le ASL, sarebbero state dotate di autonomia organizzativa, amministrativa, tecnica, patrimoniale, contabile e di gestione.


Le aziende sanitarie riconosciute sono le seguenti:

  • l'Azienda per la tutela della salute (ATS) coincidente con l'ambito territoriale della Sardegna;

  • l'Azienda ospedaliera "G. Brotzu";

  • l'Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari;

  • l'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari;

  • l'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza della Sardegna (AREUS). [5]

Il nuovo sistema per l’amministrazione della rete ospedaliera dell’isola venne pensato come un punto d’incontro tra la situazione locale (in termini di autonomia della regione Sardegna) e il Decreto Ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70.

Questa riforma venne introdotta per fare fronte all’inefficienza della qualità delle performance e per l’abbattimento dei costi elevati; in questo modo vennero dismesse molte strutture sanitarie con il fine di accentrare l’organizzazione.


Il problema che venne a crearsi con questo nuovo sistema (soprattutto all’inizio) fu che l’assistenza sanitaria per molti centri abitati della Sardegna venne ridotta se non, in alcuni casi, eliminata; tutto ciò costrinse parte dell’utenza a degli spostamenti verso zone provviste di ATS per richiedere dei servizi sanitari (mobilità sanitaria) e, la maggior parte delle volte, i collegamenti non vennero facilitati tra i paesi. Secondo alcuni esponenti politici questa riforma regionale ha peggiorato la situazione sociale, perché, cercando di migliorare la situazione economico-amministrativa nazionale, ha aumentato le disuguaglianze che già erano presenti su tutto il territorio.


L’ex direttrice generale del Ministero della Sanità ed Assessore alla Sanità della Regione Sardegna, Nerina Dirindin, espresse le sue perplessità riguardo la legge regionale 17/2016 affermando spesso che la decisione della regione di accorpare più aziende sanitarie sarebbe stata deleteria e complicata da attuare. [6]

Secondo la professoressa Dirindin, sarebbe bastata l’attuazione dell’art. 16.3 della legge 10/2006 della Regione Autonoma della Sardegna [7], in cui è prevista la scelta di un’azienda capofila, a cui, successivamente, vengono affidate funzioni sovra-aziendali.


Naturalmente dal 2016 ai giorni nostri la situazione sanitaria regionale è migliorata, in quanto è stato incrementato il numero di aree sociosanitarie, aumentando, in questo modo, la copertura per l’erogazione dei servizi nella Regione. Ciononostante, si notano ancora delle lacune nel nostro sistema sanitario regionale, esattamente come nel resto del Mezzogiorno, come un numero non adeguato di personale medico/infermieristico specializzato o la mancanza di una sanità digitale performante, problemi che sono stati messi in luce dall’epidemia di Covid-19 e che solo con quest’ultima sono stati parzialmente risolti.


Fonti: [1] Decreto Ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70, Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, consultabile sul sito:

https://www.camera.it/temiap/2016/09/23/OCD177-2353.pdf [2] Righi L., Nante N., Geddes M., “I nuovi Standard Ospedalieri", Salute Internazionale, 13/08/2015, disponibile sul sito:

https://www.saluteinternazionale.info/2015/07/i-nuovi-standard-ospedalieri-2/ [3] Parere CAL su rete ospedaliera, Arru "Dispiaciuti per bocciatura, garanzie che chiedono sono già presenti nella riforma", Sito ufficiale Regione Autonoma della Sardegna, 1° settembre 2017, disponibile sul sito:

https://www.regione.sardegna.it/j/v/2568?s=345837&v=2&c=392&t=1 [4] Legge Regionale 27 luglio 2016 n. 17, Istituzione dell'Azienda per la tutela della salute (ATS) e disposizioni di adeguamento dell'assetto istituzionale e organizzativo del servizio sanitario regionale, consultabile sul sito:

https://www.regione.sardegna.it/j/v/2604?s=317173&v=2&c=13906&t=1& [5] Ibid, Art. 1.5 [6] Nerina Dirindin, La riforma della sanità in Sardegna: servono decisioni rapide e coraggiose, Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2016, disponibile sul sito:

http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/aziende-e-regioni/2016-09-09/lariforma-sanita-sardegna-servono-decisioni-rapide-e-coraggiose110204.php?uuid=ADhYciHB [7] Legge regionale 28 luglio 2006 n. 10, Tutela della salute e riordino del servizio sanitario della Sardegna, consultabile sul sito:

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