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  • Francesco Serra

KRLY: le origini di Cagliari fra mito e archeologia


Chiunque abiti a Cagliari, o semplicemente abbia fatto una visita nel capoluogo sardo, sa perfettamente che quando si parla di “centro storico” ci si riferisce grosso modo ai quartieri di Stampace, Marina, Villanova e Castello, l’area urbana considerata il “nucleo” in cui tutto è nato e da cui il resto della città si è sviluppato nel corso dei secoli.


Ma concretamente come è nata Cagliari? E soprattutto, sarebbe nata esattamente nell’area che convenzionalmente chiamiamo “centro storico”?

Forse non tutti lo sanno ma, come ogni città di vecchissima data che si rispetti, anche Cagliari possiede un mito di fondazione riportato da diversi autori classici, ognuno con una propria variante.

Lo scrittore Gaio Giulio Solino (III secolo a.C.) narra che Aristeo (Figura 1), eroe greco dalle connotazioni divine in quanto figlio di Apollo e della ninfa Cirene e personaggio chiave anche nel mito di Orfeo ed Euridice, fuggì da Tebe, in Beozia, per recarsi dalla madre in Libia con un gruppo di compagni, sconvolto per la morte del figlio Atteone, trasformato in cervo e sbranato dai cani per aver visto Artemide mentre si accingeva a bagnarsi alla fonte Partenia. La ninfa allora consigliò al figlio di recarsi in Sardegna, un’isola considerata ancora selvaggia. A questo punto le fonti sono discordanti, poiché non è chiaro se Aristeo sia approdato in Sardegna prima o dopo altri eroi dell’epoca mitica, come Norax, Sardo e Iolao, ma comunque per convenzione a lui viene attribuita la fondazione di Cagliari, o per lo meno la sua trasformazione da insediamento precario a città stabile, e l’introduzione dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’apicoltura. [1]


Chiaramente questo è un mito, e come tale bisogna prenderlo, specialmente considerando il fatto che la vicenda di Aristeo in Sardegna sia stata fissata nella letteratura mitologica presumibilmente non prima dell’età ellenistica, cioè in un periodo storico in cui la cultura greca si stava sempre più propagando pressoché in tutto il bacino del Mediterraneo, e ciò giustificherebbe l’eventuale presenza di “contaminazioni” di matrice ellenica all’interno di leggende locali. Esempio lampante sarebbe l’attribuzione a Dedalo, l'artefice del Labirinto di Cnosso, della costruzione dei nuraghi da parte di diversi autori classici. [2]

Tuttavia rimane comunque interessante notare come nel mito vi siano i riflessi, seppur labili, di alcune dinamiche e situazioni sociali presenti nel mondo antico. Non è un caso, infatti, che ad Aristeo si riferiscano le pratiche dell’agricoltura e dell’allevamento, elementi tuttora fortemente connotanti per la produzione e la tradizione sarda. Altro aspetto interessante è che nelle fonti antiche il dio agreste viene indicato non solo come eroe ecista, fondatore di Cagliari, ma anche come pacificatore e riunificatore delle genti libiche e iberiche, rispettivamente condotte in Sardegna da Sardo (figlio di Eracle) e da Norax (figlio di Ermes). [3] Ciò suggerisce il fatto che fosse risaputo, almeno dal momento dell’elaborazione del mito, che in Sardegna si erano stanziate popolazioni provenienti da differenti parti del Mediterraneo, creando di conseguenza un incontro-scontro fra culture.


Cosa ha da dirci invece la ricerca archeologica riguardo la fondazione di Cagliari?

Premesso il fatto che ci sono tracce di frequentazione antropica sparse in molti punti della città fin dall’epoca preistorica, il primo insediamento propriamente detto si dovrebbe riferire non alla zona del “centro storico”, bensì ad un’area prossima alla periferia urbana, ovverosia il quartiere di Sant’Avendrace, lungo le sponde della laguna di Santa Gilla.

Effettivamente le tracce archeologiche nell’area sono consistenti, basti pensare alla vasta necropoli di Tuvixeddu (Figura 2), le cui tombe risalgono al VI a.C., o alla celeberrima sepoltura romana della Grotta della Vipera. Tuttavia quello che interessa a noi per risalire alle origini della città sta in ciò che “non si vede”, obliterato da secoli di urbanizzazione.

Nel corso del ‘900 infatti sono state compiute indagini in diversi tratti della città (via Campo Scipione, via Po, Via Simeto) che hanno svelato più che altro tracce di abitazioni tardo-puniche, quindi attestanti una fase avanzata, già proiettata verso l’epoca romana. In particolare in via Brenta, però, precisamente fra gli attuali uffici postali e il raccordo per la SS 131, a seguito degli scavi condotti negli anni ’80 da C. Tronchetti [4], sono riemerse le testimonianze di quello che probabilmente fu il primo insediamento impiantato dai fenici. Si tratta in sostanza di lacerti di muri e fosse di fondazione associate a materiali ceramici non solo fenici ma anche di importazione etrusca e greca, i quali datano il contesto almeno a partire dal VII secolo a.C., sebbene vi siano alcuni elementi che suggerirebbero un’attestazione persino nel VIII secolo a.C.


Purtroppo non è possibile stabilire ulteriori certezze a causa della complessa stratificazione del terreno, determinata dal succedersi delle numerosissime fasi storiche che si sono sovrapposte a vicenda, la nostra in particolare. Quello che possiamo dire è che verso il VII se non VIII secolo a.C. nelle sponde di Santa Gilla furono poste le basi per una colonia, o più semplicemente un fondaco ad opera delle genti levantine provenienti dal Vicino Oriente, che in ogni caso diventerà una città propriamente detta con l’influenza di Cartagine nel VI secolo a.C., andando a prendere il nome, stando alle iscrizioni puniche, di KRLY, che noi per convenzione chiameremo direttamente Karalis, dal nome latino del centro urbano, poiché non sappiamo come fosse effettivamente pronunciata la parola di matrice semitica.


In seguito, fra l’età di Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto, il nucleo della città venne reimpiantato nell’area dell’attuale Piazza del Carmine, che riprenderebbe l’andamento dell’antico foro romano. Da questo momento in poi Cagliari sviluppò il suo “centro storico” tenendo conto generalmente di tale baricentro, pur con una parentesi in età medievale in cui l’area di Santa Gilla-Sant’Avendrace fu in parte nuovamente interessata da un processo di inurbamento con la capitale giudicale di Santa Igia (IX-XIII secolo).


Fonti: [1] A. Mastino, La Sardegna arcaica tra mito e storiografia: gli eroi e le fonti, in "LA SARDEGNA FENICIA E PUNICA, Corpora delle antichità della Sardegna, Storia e materiali", a cura di Michele Guirguis, Ilisso Edizioni, Nuoro, 2017, pp. 19-29. [2] A. Mastino, Storia della Sardegna Antica,in La Sardegna e la sua storia, vol. II, Edizioni Il Maestrale, 2005, pp. 15-23. [3] I. Zedda Macciò, Il mito delle origini. La Sardegna, Aristeo e la fondazione di Cagliari, in Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea, n.5, dicembre 2010, pp.127-146, http://rime.to.cnr.it [4] C. Tronchetti, Cagliari fenicia e punica, in Sardò, Atlante della Sardegna fenicia e punica, 5, Chiarella, Sassari, 1990, pp. 9-57.


Figura 1: François Joseph Bosio, Aristeo, dio dei giardini, 1817, Louvre, Parigi

Figura 2: Tombe puniche nel Parco archeologico di Tuvixeddu

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