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  • Immagine del redattoreGiulio Ardenghi

L’Impero del male


Anche se l’Unione Sovietica è caduta da oltre trent’anni e la guerra fredda è finita anche da più tempo, la retorica attuale che si respira nel discorso pubblico dei Paesi occidentali per quanto concerne la Russia è ancora tutt’altro che benevola.


Ad esempio, un articolo apparso sul National Interest nel novembre del 2021 si conclude dicendo che:

"Una reazione efficace contro la Russia richiede anche il portare allo scoperto i complici del Cremlino. Se l’amministrazione di Biden vuole evitare di promuovere una cultura di impunità per i regimi autocratici dovrebbe prestare attenzione al richiamo dell’USCIRF [1] e mettersi in carreggiata l’anno prossimo." [2]


Il paragrafo sopra riportato illustra abbastanza bene i presupposti di fondo che molta della stampa occidentale ha nei confronti della Russia. Secondo queste fonti, il Paese eurasiatico è retto da un governo autoritario e imperialista ed è pervaso da una cultura reazionaria e intollerante. La Russia finisce sui giornali per le sue minacciose manovre militari o per il clima di odio che le persone LGBT+ sperimentano in quel Paese. Abituati come siamo, sia per via dei film di Hollywood che per via dei fatti di cronaca risalenti specialmente agli anni '90 e 2000, a considerare la Russia come un Paese di gangster e prostitute, non ci è per nulla difficile pensare che i russi possano essere anche guerrafondai e omofobi.


A far divampare ancora di più le fiamme dell’ostilità generale verso questo Paese è, naturalmente, tutta la questione relativa all’Ucraina. L’invasione della Crimea del 2014 e il supporto della Federazione Russa ai secessionisti delle autoproclamatesi Repubbliche di Donetsk e Lugansk nell’Ucraina orientale fanno pensare, probabilmente a ragione, a un Paese belligerante e conquistatore.

Ma la minaccia russa non si ferma alle armi e alle invasioni. Molte fonti, sia giornalistiche che facenti capo ai servizi segreti, dichiarano che gli hacker fedeli al Cremlino abbiano giocato un ruolo fondamentale nell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016. Il fatto che l’ex Presidente in questione e i suoi apologisti godano di ben poca credibilità non gioca certo a favore di chi sostiene che l’imprenditore di New York sia stato in grado di vincere alle urne con le sue sole forze, senza aiuti sottobanco da parte dei russi.

Certo, a volte vengono messe in giro vere e proprie menzogne riguardanti la Russia. Nel 2020 venne sparsa la voce secondo cui i russi avrebbero messo delle taglie per premiare chi uccide soldati americani in Afghanistan, un’affermazione che perse ben presto trazione per via della mancanza di prove sufficienti.


Ora, il problema non è tanto relativo alle critiche che si possono muovere alla politica estera o interna dello Stato russo. Il problema ha a che vedere con i doppi standard che applichiamo ogni qualvolta ci approcciamo a questi discorsi.

Gli Stati Uniti invadono regolarmente altri Paesi, e lo fanno di norma in maniera esponenzialmente molto più sanguinaria rispetto a quanto la Russia abbia fatto in Crimea. Negli Stati Uniti le tensioni razziali sono più forti di quanto non lo siano in Russia, ma nessuno o quasi, dopo il famoso incendio della stazione di polizia di Minneapolis a seguito dell’assassinio di George Floyd nel 2020, suggerisce che il Paese nordamericano abbia il razzismo nelle sue fondamenta quanto quello eurasiatico abbia l’omofobia nelle sue.

Ci indigniamo quando la Chiesa Ortodossa russa fa comunella con Vladimir Putin o quando una gigantesca cattedrale militare viene costruita nei pressi di Mosca, ma non ci tange quando i Presidenti americani si consultano con famosi predicatori evangelici, o iniziano a considerare Gerusalemme come la capitale dello Stato di Israele per accontentare il letteralismo dei protestanti fondamentalisti.


L’elenco di questi doppi standard sarebbe ancora lungo, ma il punto è un altro. Innanzitutto, utilizzare le problematiche vere che le persone LGBT+ sopportano in Russia per ribadire la propria supposta superiorità culturale non è né apertura mentale né compassione, ma omonazionalismo. [3] In secondo luogo, avere un nemico esterno al quale addossare mali che colpiscono anche le nostre società è un ottimo modo per dimenticarsi di risolvere i problemi di casa nostra e illuderci di avere la coscienza pulita. E infine, che piaccia o no, la Russia si è ripresa in questi anni lo status di superpotenza militare, e chiedere alla NATO di ammassare uomini e mezzi in Ucraina per mostrare al Cremlino chi è il più forte è una mossa incosciente e non meno guerrafondaia, militarista e, sotto sotto, imperialista delle manovre che la Russia sta portando avanti.

Fonti:

[1] United States Commission on International Religious Freedom, ovvero Commissione degli Stati Uniti per la Libertà di Religione Internazionale.

[2] Erdemir Aykan e Gadalla Paul, Russia’s power games extend to the Orthodox Church, National Interest, 26 novembre 2021, https://nationalinterest.org/feature/russia

[3] Per saperne di più, vedi il mio articolo Xenofobia inclusiva: cos’è l’omonazionalismo?, TocToc Sardegna, 8 novembre 2021, https://www.toctocsardegna.org/


Fonte copertina: Scambieuropei

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