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  • Davide Casula

La battaglia di Alaa Abd el-Fattah


La scelta di optare sull’Egitto quale Paese ospitante della 27° Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP27), iniziata a Sharm el-Sheikh il 6 novembre con chiusura il 18, ha suscitato non poche polemiche trattandosi di uno Stato in cui vige un regime che non lascia scampo ai propri cittadini, controllati in ogni ambito della sfera civile e privati dei propri diritti.

A tenere banco in questi giorni però è la situazione dell’attivista egiziano Alaa Abd el-Fattah, detenuto in carcere da diversi anni, che in occasione dell’avvio della COP27 ha smesso di bere, intensificando così lo sciopero della fame iniziato ad aprile 2022.


La notizia ha riacceso la luce sul caso, tanto che gran parte delle autorità internazionali si sono mosse, in primis l’Alto Commissario per i diritti ONU, Volker Turk, che ha esortato le autorità egiziane a liberarlo immediatamente, in quanto ritenuto in pericolo di vita. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il premier britannico Rishi Sunak e il presidente francese Emanuel Macron si sono schierati in tale direzione.


La figura

Fattah è uno dei più famosi attivisti egiziani, protagonista di una forte opposizione negli ultimi decenni verso il regime.

Proviene da una famiglia pienamente occupata nel campo sociale. Il padre Ahmed Seif si è battuto negli anni per i diritti umani, mentre la sorella Sanaa, anche lei attivista, è stata arrestata il 23 giugno 2020 con l’accusa di divulgazione di notizie false, dopo aver denunciato pubblicamente un’aggressione subita al di fuori del carcere di Tora, dove il fratello era detenuto. Fu in seguito rilasciata il 23 dicembre 2021.


Il nome di Fattah iniziò a circolare all’interno degli ambienti antiregime a partire dal 2006, quando, a maggio, partecipò a una protesta organizzata al fine di ottenere una magistratura più indipendente. In tale occasione finì per la prima volta in cella. Uscito dalla prigione il 20 giugno 2006, dopo l'episodio abbandonò la propria terra per trasferirsi in Sudafrica dove lavorò come programmatore informatico.

In occasione della Primavera araba, Fattah ha fatto ritorno in Egitto divenendo una figura chiave nel rovesciamento di Mubarak. Fondatore del Blog Manalaa, è tra coloro che riuscirono a intuire il potenziale del web quale piattaforma di raccolta del dissenso e potente strumento per una organizzazione migliore delle proteste. Non a caso vista l’importanza dei social nelle contestazioni si tende a parlare di “Rivoluzione Facebook”.

Il 9 ottobre 2011, il quarantunenne attivista prese parte a una protesta organizzata dai copti. Una contestazione passata alla storia come il “Massacro del Maspero” poiché la ferocia con cui i militari sedarono i dimostranti causò un alto numero di vittime e feriti. Fattah ne denunciò la brutalità, ma questo gli costò il carcere. Fu rilasciato poi il 25 dicembre 2011.


Due anni dopo fu nuovamente arrestato con l’accusa di aver partecipato a una manifestazione non autorizzata nei pressi del Parlamento egiziano. Inizialmente condannato a 15 anni di carcere, a causa dell’assenza degli imputati il processo fu ripetuto e fu emessa una nuova sentenza, giunta nel febbraio 2015, che ridusse la pena a cinque anni.

Nel marzo 2019 gli è stata concessa la libertà vigilata, una misura però in seguito sospesa a causa dell'accusa di aver divulgato notizie false tramite un post su Facebook. L’accusa di aver “divulgato informazioni non veritiere” è oramai la classica formula con cui il regime arresta i cosiddetti “nemici dello Stato”. Una sorte toccata anche alla sorella Sanaa e a Patrick Zaky. Il tribunale lo ha così condannato nel dicembre 2021 a scontare altri cinque anni di carcere. Mentre nel frattempo, nel 2020, è stato inserito all’interno della lista dei terroristi.



La resistenza in prigione

Durante la detenzione le sue condizioni hanno destato preoccupazione nei familiari visto il trattamento riservato agli oppositori di Al Sisi. Secondo la sua famiglia è stato tenuto in una cella senza luce solare, privato di libri, notizie ed esercizio fisico, e ha subito abusi da parte delle guardie carcerarie. [1]

I suoi cari nel corso degli anni hanno continuato a lottare per la sua libertà pur consapevoli dei rischi a cui andavano incontro.

A partire dal 2 aprile 2022 Fattah ha iniziato lo sciopero della fame in segno di protesta per la sua reclusione illegittima. Non è la prima volta che ricorre a tali metodi dato che nel 2014 smise di mangiare per poter uscire dal carcere e assistere il padre in fin di vita.

Il 18 maggio è stato trasferito presso l’istituto di Wadi al Natrun dove gli è stato concesso di poter vedere la propria famiglia una volta al mese e di poter scrivere delle lettere. Durante le visite la madre ha notato come a seguito dello sciopero le condizioni dell’attivista non erano delle migliori.


In occasione dell’inizio della COP27 ha smesso totalmente di mangiare, rinunciando anche all’acqua. Una scelta che pone in pericolo la sua vita, dato che la situazione persiste da mesi. In una delle sue lettere ha spiegato le ragioni:

“Ho deciso d'intensificarlo in un momento che ritengo opportuno per la mia lotta per la libertà e per la libertà dei prigionieri di un conflitto in cui non hanno alcun ruolo o da cui stanno cercando di uscire; per le vittime di un regime che non è in grado di gestire le sue crisi se non con l'oppressione". [2]

Le sorelle e la madre alquanto allarmate hanno fatto pubblicamente appello per la sua liberazione, chiamando a raccolta la popolazione e chiedendo delle prove che accertino che sia ancora vivo, non avendo più sue notizie dal 6 novembre.


Sanaa Seif ha attaccato duramente i vertici egiziani ai margini di una conferenza stampa dichiarando:

“Sappiamo che sono felici che muoia, l'unica cosa di cui si preoccupano è che non accada mentre il mondo sta guardando, ma il mondo sta guardando e non sta solo guardando le autorità egiziane, sta anche guardando altri governi, incluso il governo del Regno Unito". [3]

Tale intervento è stato aspramente contestato dal deputato egiziano Amr Darwish, che l'ha accusata d'incentivare gli Stati stranieri a porre pressione all’Egitto.


La possibile svolta

L'unico spiraglio può esser rappresentato dal fatto che Fattah nell’aprile 2022 ha acquisito attraverso la madre, nata a Londra, la cittadinanza britannica. Questo potrebbe rappresentare un cambiamento, in quanto ci sono stati dei precedenti di alcuni detenuti con la doppia cittadinanza che dopo aver rinunciato a quella egiziana sono stati rilasciati. La stessa famiglia ha manifestato la volontà di voler rinunciare alla cittadinanza in favore della liberazione. Nonostante ciò, la situazione a oggi non si è mossa.


Ora, vista la grande attenzione mediatica a livello internazionale, potrebbero aumentare le possibilità di ottenere notizie positive.

Attraverso un post su Facebook Mona Seif, l’altra sorella di Fattah, ha comunicato che la madre è stata informata dalle autorità egiziane che non le sarà concesso stare davanti alla prigione e che è stato effettuato un intervento medico al fratello. Inoltre, l’avvocato dell’attivista, Khaled Ali, nonostante il 10 novembre avesse ottenuto l’autorizzazione a fargli visita, si è visto successivamente negare il permesso.

Per di più, in questi giorni è giunta una denuncia nei confronti di Sanaa Seif accusata di aver divulgato notizie false da parte di un avvocato vicino al regime.


Con la situazione in costante evoluzione e con l’auspicio di ricevere notizie positive, per l’Egitto Fattah è diventato il simbolo della speranza. Il giovane attivista rappresenta tutti coloro che non hanno osato chinare il capo al regime, che non ci hanno pensato due volte pur di mettere in gioco la propria vita combattendo in nome del bene più prezioso dell’essere umano: la libertà.


Fonti:

[1] A. Lewis, Alaa Abd el-Fattah, the jailed Egyptian-British dissident on hunger strike, Reuters, 7 novembre 2022, https://www.reuters.com/business/

[2] Redazione, Egitto, l'Onu chiede il rilascio immediato dell'attivista Alaa Abdel Fattah, Rainews, 8 novembre 2022, https://www.rainews.it/articoli

[3] Z. Saifi, A. Goodwin, T. John, “We don’t know if he’s alive.” Sister of jailed British-Egyptian activist Alaa Abd El-Fattah fears the worst, CNN, 8 novembre 2022, https://edition.cnn.com/2022/11/08/middleeast/


Fonte copertina: BBC

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