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  • Immagine del redattoreGiulio Ardenghi

Lo swag nella musica e nella cultura italiana

“Ma tu stai parlando di rap. Noi non facciamo rap, noi facciamo SWAG! È una cosa molto diversa (…) La musica swag non è come il rap. Il rap è quando sei arrabbiato per qualcosa, lo swag è quando sei con i tuoi amici e ti diverti… è una roba di gioventù, che uno si sente bene: sta bene.” [1]

Don Capucino


La parola “swag” è diffusissima al giorno d’oggi, tanto sui capi di abbigliamento quanto nella musica e nei social network. Tuttavia, pochi possono dire di saperne dare una definizione, o di conoscere di preciso quale sia la sua origine.

Alcuni la fanno risalire alla parola inglese swagger, che indica un tipo di camminata particolarmente spavalda, altri affermano che sia una versione allegorica del significato originale della stessa parola swag, ovvero “refurtiva”. Secondo altri ancora, si tratterebbe di una sigla per cose come Stuff We All Get o persino Secretly We Are Gay. Tuttavia, quasi tutti sanno a cosa ci si riferisce quando si dice che qualcosa o qualcuno è swag: di solito usiamo quella parola per indicare qualcuno o qualcosa di bello, alla moda, con stile “ghetto” ma costoso e appariscente.


In Italia, la diffusione del termine swagè soprattutto dovuta al cantante Bello Figo (ex Gucci Boy) soprannominato “il capo dello swag”, autore di hit come Pasta con Tonno, Coronaoviruse del caso mediatico Non Pago Affitto.


Musicalmente parlando, Bello Figo è un artista decisamente eclettico, che si trova a suo agio cantando su beat tipicamente trap (tanto che in molti concordano che sia proprio il capo dello swag ad aver portato la trap in Italia) ma anche sulle basi dei pezzi di musicisti come Avicii, Marco Mengoni e Michel Telò, che sono piuttosto lontani dall’orbita del rap e della trap. Ma, dato che non c’è alcuna canzone di Bello Figo che non sia swag, è opportuno concludere che lo swag non sia tanto un genere musicale quanto un’estetica, uno stile che va al di là delle categorie e delle etichette. In questo, lo swag non è dissimile dallo shoegaze, un altro fluido stile di fare musica che unisce gruppi molto diversi tra loro come i My Bloody Valentine, gli Slowdive e gli Alcest.


Dal punto di vista dei testi, le canzoni di Bello Figo sono, praticamente senza eccezioni, tanto volgari quanto demenziali. Già dalle prime canzoni il cantante di Parma è entrato a gamba tesa nel panorama del trashitaliano, con tanto di interviste da parte di Andrea Diprè, un “avvocato” famoso per scovare tutti i personaggi più tristi e squallidi dell’internet italiano. Tuttavia, mano a mano che Bello Figo cresceva musicalmente, molti si iniziarono a domandare se l’autore di Non Pago Affittonon fosse uno stratega molto più fine di quanto i suoi seguaci, Diprè compreso, si aspettassero. I testi delle canzoni del capo dello swag si distaccano tanto da quelli dei personaggi di cui il popolo della rete si prende gioco sia dalla volgarità “barocca” ed esagerata di artisti come Immanuel Casto e MC Cavallo. Sia nelle sue canzoni che nelle sue apparizioni televisive, Bello Figo mette sempre nel sacco tutti quanti, da chi si indigna per le sue affermazioni ovviamente surreali e provocatorie a chi cerca di farlo passare per lo scemo del villaggio. Dopotutto, lo swag è anche questo.


Tutto ciò non significa necessariamente che chi va in giro con vestiti sui cui c’è scritto “swag” o che chi usa la stessa parola nel suo vocabolario di tutti i giorni sia necessariamente un fan di Bello Figo o dei suoi accoliti, ma, sicuramente, per capire meglio il significato di un termine di così vario utilizzo e di difficile interpretazione, è quasi necessario guardare a chi ha popolarizzato questo concetto per provare a chiarirci le idee.

[1]Gonfietti, Andrea: Don Capucino è il RE dello SWAG, pubblicato su VICE il 09/04/2014, consultato il 06/01/2021, reperibile all’URL: https://www.vice.com/it/article/ryvnyg/intervista-don-capucino

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