Giulio Ardenghi
Quanto è radicale il femminismo radicale?

Quando pensiamo al femminismo di solito lo associamo con qualcosa di nettamente positivo o nettamente negativo, a seconda della nostra condizione e base ideologica. Tuttavia, raramente ci fermiamo a pensare che, come tutti i movimenti, anche quello femminista ha una sua storia, delle sfaccettature e delle differenze interne quantomeno marcate.
Nelle società occidentali dei giorni nostri, la parola “femminismo” è usata più per le proprie connotazioni piuttosto che per evocare significati precisi. È così che politici e personaggi famosi esprimono il loro femminismo facendo poco più che twittare frasi motivazionali rivolte alle donne e postare battute “piccanti” sugli uomini. D’altro canto, molti di coloro che si considerano socialmente conservatori tendono a puntare il dito contro il femminismo per accusarlo di essere l’ispirazione per fenomeni considerati, a torto o ragione, aberranti e fastidiosi.
In questa cornice, parlare di femminismo radicale non può che rischiare di dar vita a fraintendimenti: cosa significa ciò? Si tratta di una versione particolarmente aggressiva e misandrica del femminismo? In realtà, non proprio.
Il femminismo radicale è una corrente che nasce nel contesto della seconda ondata femminista negli anni 60, il cui cardine ideologico afferma che la società globale sia sempre patriarcale e che la soluzione per questo problema non sia da ricercare nella legislazione o nella lotta di classe, ma nel superamento di tutti i ruoli di genere. A detta dei femministi radicali, il privilegio maschile verrà meno solo quando il sesso di ciascuna persona non avrà più alcun peso nella cultura e nelle norme sociali e legali.
Se il femminismo liberale (quella più diffusa delle tre correnti principali del femminismo, considerata più mainstream del femminismo radicale e di quello marxista) tende a vedere un’istituzione come la famiglia con sospetto perché essa è spesso associata a dei pattern che limitano l’emancipazione tramite la carriera delle donne, quello radicale lo fa perché ritiene che la famiglia perpetui degli standard fissi a cui le donne sono costrette, e che vada ad alimentare il sessismo nella società.
Spesso siamo portati a considerare temi come la pornografia e la prostituzione come dei campi di battaglia che vedono fazioni ben delineate di progressisti e conservatori che si scontrano. È per questo che a volte è sorprendente venire a sapere che i femministi radicali si sono praticamente sempre schierati contro queste due pratiche, e ovviamente questo è un altro punto di divergenza con il femminismo liberale. Secondo il femminismo radicale, la retorica che vede pornografia e prostituzione come mezzi efficaci per l’emancipazione femminile non funziona, sia perché moltissime delle donne che vi partecipano sono costrette a farlo contro la loro volontà e vengono intrappolate in sistemi oppressivi dai quali è difficile uscire, sia perché anche questi due fenomeni tendono a rafforzare i ruoli di genere.
Questa visione ha portato diversi gruppi o individui che si rifanno al femminismo radicale a essere etichettati come SWERF (Sex Worker Exclusionary Radical Feminist) e a venire visti non solo come contrari a prostituzione etc. ma anche come prevenuti contro le persone che svolgono quei lavori, a prescindere dalle condizioni che le hanno portate a farlo.
Un simile acronimo che ha a che fare con alcuni gruppi femministi radicali è TERF (Trans Exclusionary Radical Feminist), la cui ideologia è esemplificata dalle parole di Mary Daly: “Il transessualismo è un esempio di manipolazione chirurgica maschile che invade il mondo femminile con dei surrogati”. [1]
Essendo, come già detto, sorto nel contesto della seconda ondata femminista, il femminismo radicale è spesso vulnerabile alle stesse critiche che questo fenomeno ha ricevuto, ovvero l’implicito presupposto di vedere il femminismo come un qualcosa di prettamente bianco e occidentale, e il tenere in scarsa considerazione le differenze di classe sociale.
Lo scopo di quest’articolo non è difendere né attaccare il femminismo radicale, ma piuttosto quello di far luce su un movimento di cui raramente si parla e che ancora più raramente viene compreso. A prescindere dai suoi pregi e difetti, è utile conoscere anche questa fazione per capire come il femminismo non sia monolitico come siamo spesso portati a credere.
Fonti:
[1] Daly, Mary: Gyn/Ecology: The Metaethics of Radical Feminism (1978) p.71, Beacon Press, Boston (MA), US
Fonte immagine di copertina: The New Yorker