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  • Immagine del redattoreMatteo Cardia

Tunisia, tra la rinascita dell’uomo forte e i dubbi sul futuro


Da unica Primavera Araba compiuta agli occhi di tanti, al possibile ritorno dell’uomo forte. Parlando della Tunisia sarebbe facile tracciare una linea temporale che accompagni la realtà dalle speranze del passato a un’involuzione del presente. Lunedì 25 luglio, a un anno da quello che molti hanno definito come un nuovo colpo di mano dell’uomo forte, in Tunisia si vota per una nuova costituzione voluta dal presidente Kais Saied. Un voto che dovrebbe portare a nuove elezioni fissate per dicembre, ma che rischia di sottolineare le divisioni e la disillusione che attraversano il paese.


Anni complessi

Negli undici anni passati tra l’inizio della Rivoluzione dei Gelsomini e il rischio di un nuovo accentramento di poteri, l’unica certezza nel Paese nordafricano è stato l’attivismo dei tunisini. Passano dai cortei nelle piazze e dagli scioperi nei vari distretti del Paese la maggior parte delle decisioni prese all’interno dei palazzi dell’antica Cartagine e non solo. Ne è un esempio la formazione nel 2014 del Quartetto del Dialogo Nazionale, spinto dalle difficoltà dei partiti a far fronte alle grandi dimostrazioni nate dopo l’assassinio di due politici laici e di sinistra, e che ha dato nuova linfa al processo costituzionale. Ma a essere influenzato dallo sguardo attento della società è stato anche il sistema partitico. È stato il partito Ennahda, di orientamento islamista moderato, il principale protagonista della vita politica tunisina post 2011. Non l’unico, ma probabilmente il più bersagliato durante le proteste, già nel 2013, prima dell’ultima elezione presidenziale del 2019 e fino a oggi. Il partito ha finito per essere inquadrato come il partito dell’establishment, avendo fatto parte di tutti i governi nati dopo l’elezione dell’Assemblea Costituente del 2011, fino a influenzare anche l’ultimo a guida tecnica di Hichem Mechici, nonostante i cambi alla guida di colore alla guida della presidenza. L’accusa rivolta a Ennahda è quella soprattutto di non essere stato capace di rimettere in piedi l’economia del Paese nonostante le riforme seguite ai prestiti del Fondo Monetario Internazionale del 2013 e del 2016. [1] Fondi che non hanno aiutato la Tunisia a reagire all’ultima crisi economica dovuta all’emergenza pandemica, aggravata negli ultimi mesi dal conflitto ucraino, momento in cui le istituzioni tunisine hanno definitivamente cominciato a traballare. Una situazione che ha portato alla decisione del presidente Kais Saied, conservatore eletto a sorpresa nel 2019, di sospendere i lavori del Parlamento. Una colpa che il partito un tempo affiliato ai Fratelli Musulmani condivide però con gran parte delle altre forze politiche che oggi indicano di votare no al referendum o ne chiedono il boicottaggio.


Decisioni

Sospensione del Parlamento per 30 giorni, rimozione del governo oltre che dell’immunità parlamentare. [2] Sono stati questi, il 25 luglio 2021, i primi passi ufficiali di Saied verso un nuovo corso, arrivati dopo mesi di scontri con l’ex premier Mechichi e soprattutto Ennahda, cavalcando il malcontento di una popolazione in cerca di risposte certe. Una scelta che ha segnato subito la formazione di due parti in contrasto: da una parte i sostenitori del presidente, dall’altra gli oppositori. Dopo l’appello all’articolo 80 della Costituzione del 2014, sfruttando anche l’assenza della Corte Costituzionale prevista ma mai messa in piedi, è diventata chiara l’intenzione di accentrare il potere, nonostante la nomina a settembre scorso della prima donna primo ministro del paese, Najla Romdhane. [3] Una scelta seguita a dicembre dall’annuncio di una road-map che avrebbe portato sino al voto dodici mesi dopo, comprendente un referendum su riforme politiche e una consultazione online a riguardo. [4] Il largo uso di decreti presidenziali e lo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura e del Parlamento dei successivi mesi sono stati però una conferma della visione del presidente. Nel frattempo, la crisi economica e sociale non si è fermata, portando nel 2022 alla domanda di un nuovo prestito al Fondo Monetario Internazionale. Le richieste dell’IMF, dal congelamento degli stipendi statali fino allo stop ai sussidi per l’acquisto di beni alimentari, hanno però finito per convincere l’Union General Tunisienne du Travail, il più importante e numeroso sindacato tunisino, a scendere di nuovo in piazza a giugno e soprattutto a discostarsi definitivamente dai progetti di riforma di Saied. [5] Nuove proteste che però non hanno portato a un annullamento dell’istanza, sempre più vicina a essere presa in carico dall’IMF. [6]

Il referendum

Saied non aveva mai annunciato fino al primo maggio scorso che il quesito referendario sarebbe stato su una nuova costituzione. [7] Un testo che, sulla carta, avrebbe dovuto sfruttare anche i risultati di una consultazione online prevista tra gennaio e marzo che ha però attirato pochi votanti (solo il 4% della popolazione e a prevalenza maschile [8]) e redatta da una commissione appositamente creata, guidata dal giurista Sadok Belaid, senza alcuna partecipazione dei partiti. Il lavoro presentato dalla Commissione il 22 giugno scorso, non è tuttavia stato lo stesso proposto da Saied il 30 giugno nella gazzetta ufficiale. La denuncia di Belaid arrivata il 3 luglio non ha fermato il presidente, che ha corretto nuovamente alcuni punti del testo emanandone uno nuovo – mai pubblicato – lo scorso 8 luglio. [9] Quello che è certo è che il sistema diverrebbe di tipo presidenziale, insieme all’assenza, pressoché totale, del bilanciamento dei poteri. Al presidente spetterebbe infatti nominare il governo, senza che questo venga presentato al parlamento, guidare le forze armate e ratificare le leggi, con la possibilità anche di presentare decreti da esaminare in via prioritaria. I cambiamenti riguarderebbero però anche la giustizia, definita nel testo come “funzione”, accompagnata dalla negazione del diritto di sciopero per i magistrati. Inoltre, l’Islam non sarebbe più religione di stato, ma la Tunisia entrerebbe a far parte della Umma islamica, con l’obiettivo di perseguirne gli obiettivi. [10] Una svolta conservatrice che rischia di attirare i delusi di Ennahda, che si è schierato apertamente per il boicottaggio del referendum così come il Partito Desturiano Libero e Attayar. Un invito a non recarsi alle urne che potrebbe però rischiare di dare la vittoria definitiva al presidente in carica: per il referendum non è infatti previsto quorum e una vittoria schiacciante del sì potrebbe permettere a Saied di influenzare il voto delle legislative del prossimo 17 dicembre.


Fonti:

[2] Redazione, Caos Tunisia, il presidente Saied sospende il Parlamento e licenzia il premier, Avvenire, 26 luglio 2021, https://www.avvenire.it/mondo/pagine/tunisia-il-presidente-saied-licenzia-il-premier-e-congela-il-parlamento

[3] Redazione, Romdhane named Tunisia’s first female PM by President Saied, Al Jazeera, 29 settembre 2021, https://www.aljazeera.com/news/2021/9/29/tunisia-president-picks-romdhane-new-prime-minister

[4] Aymen Bessalah, The Illusion of Democratic Choice in Kais Saied’s New Republic, The Tahrir Institute for Middle East Policy, 21 luglio 2022, https://timep.org/commentary/analysis/the-illusion-of-democratic-choice-in-kais-saieds-new-republic/

[5] Alessandra Bajec, Tunisia’s UGTT stages nationwide strike over wages and cuts, Al Jazeera, 16 giugno 2022, https://www.aljazeera.com/news/2022/6/16/tunisias-ugtt-stages-nationwide-strike-over-wages-and-cuts

[6] Redazione, Fmi e Bm: prestiti a Tunisia, Mali, Kenya e Tanzania, Nigrizia, 20 luglio 2022, https://www.nigrizia.it/notizia/fmi-bm-prestiti-a-tunisia-mali-kenya-e-tanzania

[7] Fonte punto 4.

[8] Emna Chebaane, E-istichara, la réalité derrière les chiffres, Inkyfada, 28 aprile 2022, https://inkyfada.com/fr/2022/04/28/consultation-itichara-chiffres-tunisie/

[9] Giuliana Sgrena, Iperpresidenzialismo sì o no. In Tunisia è un voto su Saied, Il Manifesto, 23 luglio 2022, https://ilmanifesto.it/iperpresidenzialismo-si-o-no-in-tunisia-e-un-voto-su-saied


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