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  • Matteo Meloni

Ucraina, un anno dopo


L’impatto dell’invasione russa in Ucraina ha profondamente modificato lo status quo nelle relazioni internazionali, sconquassato la catena di approvvigionamento mondiale e segnato definitivamente l’inizio della fine degli organismi multilaterali, in primis le Nazioni Unite. Un mondo a pezzi, frammentato in ogni suo angolo, dove la vicinanza accresciuta grazie al fenomeno della globalizzazione ha paradossalmente alimentato le problematiche a cui oggi assistiamo, come opinione pubblica, di fatto inermi, senza reale possibilità di azione.


Il triste anniversario della violazione della sovranità territoriale ucraina alimenta la propaganda del Cremlino, allo stesso tempo offrendo utili cartucce ai leader occidentali - triste categoria tornata in auge, che contrappone una visione all’altra - per le rispettive mosse di politica interna. A totale discapito della popolazione invasa, che assume totalmente il fardello dello scontro tra la Federazione guidata da Vladimir Putin e quei Paesi che, fin da subito, hanno imposto le sanzioni a Mosca.


Sbrogliare la matassa dell’incomprensione, sostanzialmente tra Russia e Stati Uniti, sarà complicato e al limite dell’impossibile. E il lungo, lunghissimo anno appena trascorso ha causato un peggioramento delle relazioni, messo in crisi l’unità europea, posto al palo l’altra vera potenza globale, la Cina, che tenta di salvaguardare il proprio status, gestendo contemporaneamente il fronte Indo-Pacifico e la spinosa questione Taiwan.


Un quadro sconsolante, che ha radici nell’incapacità dell’Onu di offrire una reale governance globale in grado di agire, ancora ferma al mondo post seconda guerra mondiale. Un Consiglio di Sicurezza ostaggio delle 5 nazioni vincitrici, Stati Uniti e Russia, Regno Unito e Francia più la Cina, non rappresentativo dei reali equilibri in essere e che impedisce di assumere azioni concrete verso le dilaganti disuguaglianze che creano fratture sociali e sacche di ingiustizia.


Parafrasando George Orwell, tutte le guerre sono uguali ma alcune guerre sono più uguali di altre. L’invasione illegale dell’Iraq da parte statunitense ha lasciato impuniti coloro i quali hanno avviato quella disastrosa campagna militare, seguita dall’occupazione dell’Afghanistan terminata nel 2021, che ha causato il repentino abbandono di donne, bambini e uomini alla mercé del giogo talebano. La Siria della guerra civile si è trovata a fronteggiare il caos dello Stato Islamico, conseguenza diretta della distruzione dell’Iraq di Saddam Hussein.

Perché consideriamo la guerra in Ucraina come la madre di tutti i conflitti moderni? Forse perché si svolge nel cuore dell’Europa? O perché i rischi di scontro frontale tra potenze nucleari è già in atto? O ancora, perché la democrazia ucraina è in pericolo? Sfatiamo un mito: le istituzioni di Kiev non sono mai state considerate dagli organismi di ricerca come democratiche. Per Freedom House è un regime ibrido, con gravi problemi di corruzione e con un sistema giudiziario non indipendente. Secondo Reporter Senza Frontiere, anche prima dell’invasione russa in Ucraina, nel Paese la libertà di informazione era considerata scarsa, con i media in mano ad oligarchi che ne hanno influenzato - e tutt’ora ne influenzano - le politiche editoriali.


A questo, si aggiunge la presenza su territorio ucraino di combattenti del gihad in supporto alle stesse forze governative, che dunque utilizzano armi e strumentazioni in arrivo dai Paesi europei e dagli Stati Uniti per contrastare l’avanzata moscovita. Un cortocircuito senza precedenti, dove quelli considerati nemici ora si uniscono allo sforzo bellico, col rischio che la loro presenza permanga in futuro su suolo europeo. Peggio ancora, potenzialmente liberi di circolare, laddove l’Ucraina - benché ipotesi estremamente remota - diventasse membro dell’Ue.


Questo toglie valore all’azione ucraina di contrasto alla forza occupante e alla volontà popolare d’indipendenza? Certo che no. È accettabile che una potenza straniera occupi il suolo sovrano di un’altra nazione? Per niente. Si può immaginare di non occuparci, come addetti ai lavori, dell’invasione russa? Impensabile. Ma si può andare avanti con la retorica dello spauracchio russo, se fino a pochi mesi fa le potenze europee mandavano avanti lucrosi affari con la nomenclatura della Federazione?


L’incoerenza occidentale la si legge nel non aver stigmatizzato, con azioni concrete, l’indecenza nella gestione dei diritti umani della Russia di Putin, nel mettere la testa sotto la sabbia di fronte all’imprigionamento di attivisti per i diritti civili e politici, nella farsa delle elezioni svolte in quel Paese. In sostanza, nel definire il Presidente russo nemico numero uno da un giorno all’altro. Aver accettato gas e petrolio a basso costo, aver siglato accordi strategici per l’arrivo di fonti energetiche, aver dato credito alla governance russa nonostante la condizione sociale di quel Paese ha macchiato per sempre l’immagine delle Cancellerie europee.


Non è sufficiente l’appoggio all’Ucraina per cancellare gli errori politici compiuti dalle principali potenze. Non è pensabile attribuire alla sola Russia tutte le colpe della situazione odierna. L’Occidente è corresponsabile della crisi ucraina, nella quale ha agito male, troppo tardi, in forma scomposta, senza reale convincimento nel trovare una soluzione. A totale discapito della popolazione locale e, in forma crescente, delle fasce sociali più deboli del globo, sulle quali è impattata un’inflazione con pochi precedenti, che ha ulteriormente eroso potere d’acquisto a chi già faticava nella quotidianità.


Ecco perché le guerre, in realtà, sono tutte uguali. Chi è ricco continuerà ad esserlo, ma chi è povero sprofonderà ancora di più negli abissi dell’indigenza. Ed è proprio per questo che l’urgenza della fine del conflitto ucraino diventa impellente e fondamentale per la vita di milioni di persone, auspicio non accolto dall’industria bellica che registra numeri in forte crescita.

La realtà è molto più complessa della divisione tra buoni e cattivi, tra bianco e nero. È nelle sfumature che si può tentare di ricercare la verità, che non sarà mai assoluta e non offrirà necessariamente una soluzione alla guerra. Solo la buona volontà dei singoli aiuterà l’avvio di trattative per la ricerca di un nuovo status quo, quello modificato per sempre dall’invasione della Russia in Ucraina, che oggi, 24 febbraio 2023, segna l’anniversario della distruzione di una nazione alla ricerca dell’agognata indipendenza.


Fonte immagine di copertina: REUTERS | Oleksandr Ratushniak

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