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  • Immagine del redattoreAlessandro Manno

Una vergogna olimpica: perché l’Italia ha rischiato di andare alle Olimpiadi senza bandiera?


Anno domini 2020: la pandemia da Covid-19 imperversa in maniera incontrollata su tutto il globo terracqueo obbligando le istituzioni nazionali e sovranazionali a scelte drastiche e impopolari. Tra le numerose scelte obbligate che si sono dovute prendere nel corso dell’anno appena passato c’è stata anche la decisione di far slittare le Olimpiadi di Tokyo 2020, programmate dal 24 luglio al 9 agosto nel paese del Sol Levante, nell’estate del 2021.

Nello stesso momento in cui il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) in accordo con il Governo giapponese decide di posticipare la data della rassegna a cinque cerchi, il Ministro dello Sport italiano Vincenzo Spadafora è alle prese con le squadre di calcio della Serie A che vorrebbero riprendere i campionati e chiedono rassicurazioni su come concludere la stagione.

Ancora non sa, forse non immagina, probabilmente fa finta di non sapere, che tra gli incartamenti lasciati del Governo precedente c’è un provvedimento che per il Comitato Olimpico Nazionale italiano rappresenta una gigantesca spada di Damocle.


Ma facciamo un passo indietro.

Anno domini 2019: l’allora sottosegretario con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti (Lega) firma la riforma dello Sport italiano inserendola all’interno della Legge di Bilancio del 2019 che molto in breve potete trovare nelle slide del Governo qui. Questo provvedimento, che nell’idea del legislatore dovrebbe aumentare la trasparenza dei fondi al CONI e aumentare la quantità di denaro pubblico per lo Sport, presentava già dalla prima stesura in dicembre, confermata poi nel disegno di legge delega in estate, un aspetto che metteva in pericolo l’autonomia del CONI.

Tutto l’aspetto legato ai fondi da stanziare per lo sport, che sino al 2019 era materia esclusiva del CONI, veniva gestito, da quel momento, in tutto e per tutto da Sport e Salute S.p.A., una società in-house del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne risulta l’unico azionista, il cui statuto (leggibile in PDF qui) prevede la gestione di tutta la parte economica legata allo sport italiano e alle federazione affiliate al CONI.

Dove sta il problema, direte voi. La spiegazione al problema la possiamo trovare andando a leggere l’ultimo paragrafo della pagina 3 dello Statuto di Sport e Salute e confrontandola con la Carta Olimpica, alla quale il CONI deve attenersi.

Si legge nell’ultimo paragrafo di pagina 3:


"La società (Sport e Salute, ndr) agirà quale struttura operativa dell’Autorità di Governo competente in materia di sport e, in tale qualità, potrà svolgere ogni altra iniziativa connessa alla realizzazione delle attività di cui sopra. Almeno l'ottanta per cento delle attività deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti affidati dall’autorità di Governo competente in materia di sport. La produzione ulteriore rispetto al suddetto limite, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita al solo fine di assicurare economia di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della Società (Sport e Salute, ndr)". [1]


Andiamo adesso a leggere un passaggio della Carta Olimpica a pagina 60 (qui completa nella versione inglese):


"5. Per assolvere la loro missione, i NOC (i Comitati Olimpici Nazionali, n.d.r.) possono cooperare con organismi governativi con i quali intrattengono relazioni armoniose. Essi non devono tuttavia associarsi ad attività che siano in contraddizione con la Carta olimpica. I NOC possono inoltre cooperare con organismi non governativi". [2]


E continua a pagina 62:


"4. I governi o altre autorità pubbliche non designano i membri di un NOC. Tuttavia, un NOC può decidere, a sua discrezione, di eleggere rappresentanti di tali autorità". [2]



Questo passaggio delinea come la riforma presentata dall'allora Governo italiano ponga dei limiti all’operato del CONI alla luce degli articoli della Carta Olimpica sopracitata. Infatti, dallo statuto di Sport e Salute si evince chiaramente come l’operato della stessa sarà guidato dall’azione del Governo in carica. Essendo Sport e Salute parte del CONI (del quale è la costola che si occupa della gestione finanziaria) ed essendo i membri di Sport e Salute designati dal Governo, ciò fa sì che si vada in contrasto con il punto 4 a pagina 62 che come riportato sopra impedisce “ai governi o altre autorità pubbliche di designare un membro di un Comitato Olimpico Nazionale".


A questo vizio di forma, ma soprattutto di sostanza, che ha svuotato il CONI di ogni possibilità autonoma di spesa, non è stato posto rimedio neanche durante il governo Conte II, nonostante le numerose rassicurazioni di Spadafora che il CONI avrebbe mantenuto la sua autonomia, e la crisi di governo attualmente in atto non ha semplificato il da farsi.


Tuttavia, lo stesso Giovanni Malagò, intervistato ai microfoni di TocToc Sardegna il 13 Giugno 2020 (qui trovate l’intervista completa) affermava che in merito alle competenze di Sport e Salute e del CONI: “... i decreti dovrebbero far chiarezza, perché c’è qualche punto che non è stato chiaramente precisato riguardo la modifica delle legge”.


In mezzo alle dichiarazioni del presidente del CONI ci sono state quelle del presidente del CIO Thomas Bach che durante gli ultimi mondiali di ciclismo svolti a Imola in settembre, dopo l’approvazione della legge delega in estate, aveva espresso la sua contrarietà alla riforma affermando come siano “molto preoccupati sulla non funzionalità del Coni” e aggiungendo che “Il segretario generale del Coni ha bisogno di essere messo in condizione di lavorare nel pieno delle sue funzioni. Ora invece il segretario generale è soggetto alle istruzioni di società esterne al Coni". [3]


Un problema che parte quindi da lontano e che arriva a direttamente a questi nevralgici giorni.

Anno domini 2021: il 27 Gennaio il CIO deciderà se gli atleti italiani parteciperanno alle prossime Olimpiadi di Tokyo senza la bandiera e l’inno nazionale, ma sotto il vessillo del CIO, come avverrà per gli atleti bielorussi, per via dell’influenza che il governo del presidente Lukashenko esercita sul comitato olimpico bielorusso.

Due situazioni che possono sembrare differenti, due contesti politici che sicuramente diversi lo sono, ma che alla luce della carta olimpica violano la stessa norma: la politica degli Stati non deve entrare all’interno dei Comitati Olimpici.

Ora il Governo, al suo ultimo atto prima della caduta, ha messo una pezza a questo grande e terribile problema ribadendo con un decreto-legge l’autonomia del CONI e dello sport italiano dalla politica, come era stato suggerito anche dall’attuale presidente della Federazione Italiana Pallacanestro ed ex-presidente del CONI Gianni Petrucci al programma "Radio Anch’io sport" su Radio Rai 1.

Ma una domanda sorge spontanea al termine di tutto questo discorso: lo sport e gli sportivi italiani si meritano tutto questo? Esiste una vera cultura sportiva nel nostro paese? Quanto davvero siamo disposti ad investire e a preservare lo sport, a prescindere dalla propaganda politica?

Sono questi gli interrogativi ai quali sarà necessario rispondere a prescindere dal salvataggio dell'ultimo minuto del Governo e dalla decisione che sarà presa dal CIO.

Ma, probabilmente, se siamo arrivati a questo punto, è proprio perché a queste domande non si vuole dare una risposta.


Fonti:

[1] Sport e salute S.p.A., Statuto Sociale, aggiornato 26 marzo 2020


[2] Olympic Charter: in force as from 17 July 2020 / International Olympic Committee, versione in inglese (traduzione della redazione) .


[3] Coni, il presidente del Cio Bach: “Preoccupati, legge sport non rispetta Carta Olimpica”, Sky TG24, 27 settembre 2020


- La riforma del sistema sportivo italiano, Legge di Bilancio 2019. http://www.sport.governo.it/media/1445/slide-di-sintesi-della-riforma-dello-sport.pdf


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