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Vaccinocrazia: uno per tutti, tutti per uno!


Un vaccino per tutti o tutti per uno?

Chi più ne ha, li metta a disposizione. Questo se fosse così semplice concepire una comunione di esigenze dove gli interessi di parte possano prevalere in difesa della salute generale. Non fosse così, sarebbe tutto più intrecciato, e forse lo è.

Il vaccino è l’ultima arma di distruzione di massa in grado di salvare le nostre vite. Il primato restava da anni intatto, ancorato nelle mani delle obsolete bombe atomiche. In quel caso, tutto proveniva da un benevolo piano. La sua base era ancorata ad una breve formuletta che ha salvato tanti studenti da un’ormai certa insufficienza in fisica, pronti a sfilare dalla propria corteccia l’ultimo rimasuglio di una spiegazione ascoltata a metà. E=mc^2 ha causato più danni di un addio al celibato inaugurando la stagione della competizione nucleare. Innanzitutto, ecco trovata la risposta alla scomparsa delle mezze stagioni.


La pandemia ha portato alla luce nuove esigenze. Fra queste, quella di sognare un ritorno alla vecchia normalità, quasi fosse una necessità di autodifesa da quel che rimaneva ignoto. Il vaccino è stato desiderato e chiamato a gran voce, così da depurarci una volta per tutte dalla crisi sanitaria ed economica. La corsa agli armamenti prepara gli stati alla seconda guerra, ovvero la ripresa post mortem. Solamente tra le regioni italiane, sono stati predisposti dei piani vaccinali basati su criteri contrastanti tra loro, con presidenti pronti a seguire nuovi corsi e altri più prudenti in attesa di prossimi pareri dell'EMA. È facilmente immaginabile che le differenze siano emerse più veementemente a livello internazionale, dove le scelte in merito al rapporto tra scorte/vaccinati condizionano altamente i sentimenti dal breve al lungo periodo.

Il vaccino rimane il miracolo della scienza e porta la sfida dai laboratori ai palazzi di governo. Le nuove aree riguardano le scelte logistiche dei singoli stati, dal momento in cui il conforto arriva da paesi come Israele, Gran Bretagna e Usa, dove la campagna vaccinale si è dimostrata rigorosamente efficace. Prima di fasciarci la testa citando il solito ritardo italiano, i primi risultati positivi della vaccinazione emergono tra i nostri operatori sociosanitari. Gli esiti tengono conto anche dei ritardi di pubblicazione, laddove alcune regioni aggiornano retroattivamente le proprie banche dati, per cui un singolo giorno può fare la differenza.

Le scelte di oggi sono i risultati di domani. Il vaccino apre una nuova stagione di primati mondiali. Si parte dalla ricerca, per anticipare eventuali nuovi virus, fino ad arrivare a nuovi modelli economici e differenti legami politici internazionali. La prevenzione del virus non è mai troppa, fin dove questa non soffoca l'economia con un crollo delle attività.

L’equilibrio conduce ad una triplice scelta, davanti a quello che è stato sempre un dibattito serrato tra chi salvare per primo, se la salute o l’economia. L’una vive dell’altra e per fortuna la scienza fa da sè. Il vaccino arriva anticipatamente, contro ogni previsione rispetto ai ritmi pre-pandemia, e diviene il terzo incomodo per chi il 20 luglio 1969 mangiava noccioline e crede ancora che la terra sia piatta.

Per la precisione, non saranno i vaccini a salvarci, ma la vaccinazione. L’Unione Europea ha predisposto da tempo un piano per permettere una distribuzione equa ad un prezzo abbordabile. L’approvvigionamento segue le logiche del mercato, caratterizzandosi per accordi d’acquisto preliminare. L’EMA si riserva comunque il diritto di verificarne la loro efficacia e sicurezza tramite prove cliniche e norme di sicurezza rigorose e solide. Un controllo che è spesso stato associato a ritardi nella produzione e distribuzione, laddove fosse di difficile comprensione un processo schematizzato nel tempo per un paese che batte al ritmo di una settimana calcistica alla volta. Il tridente d’attacco resta composto da tre pilastri: vaccini, salute ed economia. I primi aprono a ragionamenti nel lungo percorso sulle fasce. Distese di strada da percorrere, specialmente nelle province con la terra battuta e le linee del campo mal segnate, dove la polvere si mischia al gesso. Il duro lavoro porterà però ad un cross preciso verso la salute e l’economia, pronte a insaccare in rete e inaugurare un nuovo corso della partita, segnando 1-0 sul tabellone, primo punto per noi. Il secondo e il terzo, se verranno selezionati tra gli 11 di partenza, giocheranno pestandosi i piedi e con la testa bassa. Fermi nella propria posizione, non riceveranno occasione di essere messi effettivamente a disposizione di tutti. Non sarà difficile così perderli nel corso della gara. Cercheranno di trovare una triangolazione, ma non avranno altro modo di entrare effettivamente in partita se non sostenendo, seppur silenziosamente e con difficoltà, la lunga corsa dei vaccini.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Deformazione professionale per chi è cresciuto con la Marvel. Non fosse altro che l’influenza dai cugini americani è parte della nostra patria. A nome europeo, si spera che questo si tramuti in cooperazione. Il potere del vaccino risiede nella speranza, l'ultima a morire e la prima ad essere chiamata in causa. La risposta più convincente all’interrogazione del futuro verrà data non solo da chi adesso solleva più velocemente la mano, ma terrà in considerazione anche chi saprà innovare.


Con il vaccino si ha la responsabilità di innovazione, avendo la possibilità di focalizzarsi sulla ripresa e non la crisi sanitaria, e cooperazione verso chi è rimasto indietro, davanti a un vaccino che rimane ancora per pochi.

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