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  • Immagine del redattoreEmanuele Orrù

Perché non siamo tutti utili!


Era il pomeriggio del 18 novembre del 2013, avevo 17 anni e mi trovavo al computer in camera mi, giocando al gioco di calcio più amato dai ragazzi. Il gruppo di classe Whatsapp iniziò ad inondarsi di notifiche. Le mie compagne di classe di Terralba iniziarono a mandare messaggi in cui raccontavano che erano impossibilitate ad usare internet per cui la ricerca del giorno dopo non poteva essere fatta. Pensai alla solita scusa, si sa come sono le rivalità tra le classi delle superiori quando ci sono lavori di gruppo. Non erano riuscite a finire in tempo per cui la scusa è sempre dietro l’angolo.


foto: Alberto Mascia


Nel mentre fuori dalla mia camera pioveva e pioveva veramente forte. Dopo un po’arrivarono le prime foto che ritraevano il loro paese come un fiume in piena.

Inizialmente pensai che fosse uno dei tanti acquazzoni, un temporale molto forte, ma alla vista di quelle immagini rimasi completamente impietrito. Le notizie di straripamenti e dell’esondazione del vicino fiume mi rimasero impresse in testa per sempre. Il Rio Mogoro che esondava, case allagate, negozi distrutti.

Di lì a poco chiamai gli amici della Consulta Giovani di Oristano e ci catapultammo in pochi minuti allo Spazio Giovani. Ricordo che uscii di casa sotto le secchiate d’acqua e con le scarpe in una busta. Arrivammo al luogo dell’incontro e decidemmo, viste le notizie drammatiche che arrivavano dai paesi del circondario che dovevamo anche noi fare la nostra parte. Il più grande aveva 22 anni ed io il più piccolo, e nessuno, dico nessuno avrebbe mai immaginato che dieci ragazzi riuscissero a tirare su il più grande deposito di beni di prima necessità della Sardegna. Tramite il tam-tam dei social presto la notizia del centro di raccolta fece il giro dei Oristano e dei paesi vicini. Chili di cibo, vestiti, beni per l’igiene. Trovammo un furgone e iniziammo a fare da sponda con Terralba, contestualmente attivammo dei centri di raccolta in tutte le scuole.

Arrivati sul posto una cosa che mi colpii era la fila di macchine e di volontari che non erano inquadrati in nessun corpo, file di macchine al lato della strada e volontari al punto di raccolta fermi, mentre noi che avevamo organizzato il centro di raccolta non eravamo fermi un secondo. Passavamo e sistemavamo i viveri e intervenivamo fattivamente. Ricordo che la settimana non entrai a scuola neanche una volta, uscivo di casa presto non sapendo mai l’orario del ritorno. Però al rientro ero felice, stanco, turbato per ciò che avevo visto.


La situazione è la stessa che in queste ore si sta ripetendo sfortunatamente nel nuorese, a Bitti, in cui il sindaco Ciccolini esorta, tramite un comunicato stampa della Protezione Civile Regionale la popolazione che in massa si riversa nel piccolo borgo barbaricino al non intervenire.

Non tutti possono aiutare, per quanto gli intenti siamo i più nobili, come sottolinea lo stesso sindaco, si rischia solo di creare potenziali pericoli. Tutto il personale che in queste ore si trova a gestire l’emergenza è formato e sa esattamente come e cosa fare. Però, non tutto è perduto.

Iscriversi alle associazioni di protezione civile serve a questo: a formarsi e saper gestire questi eventi. Abbiamo visto all’opera nelle fasi più concitate della prima ondata di Covid-19 nelle città e nei paesi, decine di volontari che ora, pieni di fango, liberano le strade assieme ad esercito e forze dell’ordine. È importante essere disponibili per le proprie comunità, è importante il senso di fratellanza che si crea in questi tragici momenti. Queste energie non devono essere disperse nell’arco di un’emozione, ma si devono conservare nei grandi “generatori di volontariato” che sono le associazioni di protezione civile sparse nel territorio. Formazione, professionalità e tempestività sono le parole d’ordine.

Iscrivetevi, iscriviamoci e facciamo qualcosa per le nostre comunità! È bello e fa bene al cuore sapere che in momenti come questi, qualora capitasse a noi, c’è una grande famiglia pronta ad aiutarci.

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