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  • Immagine del redattoreBarbara Alba

I referendum sulla giustizia: guida ai quesiti



Il 12 giugno, oltre alle elezioni amministrative, si voterà sul Referendum abrogativo in materia di Giustizia. La consultazione è composta dai 5 quesiti referendari giudicati ammissibili dalla Corte Costituzionale e promossi dal comitato Giustizia Giusta, costituito da Radicali e Lega. I due partiti avevano proposto un sesto voto, sulla responsabilità civile dei magistrati, giudicato però inammissibile dalla Corte Costituzionale. Il referendum abrogativo, strumento di partecipazione popolare all’azione legislativa, prevede l’abrogazione totale o parziale di leggi ordinarie o atti aventi forza di legge in vigore.


La validità del Referendum è sottoposta al raggiungimento del quorum pari alla partecipazione del 50% +1 degli aventi diritto al voto. Le previsioni dei sondaggi fanno presagire l’incertezza sul raggiungimento del quorum dovuta alla scarsa informazione sui quesiti oggetto del voto e alla difficoltà tecnica dei temi. Infatti, secondo i sondaggi condotti da Demopolis e Ipsos, solo 3 Italiani su 10 si recheranno alle urne [1], mentre il 56% non si recherà a votare e nel contempo ha dichiarato di non aver compreso appieno il contenuto dei quesiti referendari [2]. Vediamo, quindi, di fare chiarezza sui quesiti, analizzando le ragioni del Sì e del No.


Il primo quesito riguarda la riforma del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), organo di autogoverno, che regola le funzioni e le carriere dei magistrati. Il CSM è presieduto dal Presidente della Repubblica, membro di diritto insieme al Presidente della Corte Suprema di Cassazione e al Procuratore Generale. Gli altri 24 componenti sono eletti per due terzi dai magistrati, scelti appunto tra i magistrati (membri togati), mentre il restante terzo viene eletto dal Parlamento in seduta comune (membri laici). Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del CSM deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme per presentare la propria candidatura. Qualora dovesse vincere il Sì, si tornerebbe alla legge previgente, in vigore fino al 1958, con conseguente decadenza dell’obbligo di reperire le firme per presentare la candidatura. I sostenitori del Sì affermano che la vittoria contribuirebbe a smantellare il potere delle correnti politiche all’interno della magistratura (le più importanti sono Magistratura Indipendente, Unicost e Area) che influenzano maggiormente la presentazione delle nomine, permettendo ai magistrati che non fanno parte delle correnti di candidarsi liberamente. Coloro che si oppongono all’abrogazione sostengono che il quesito risulta inutile perché propone una misura inefficace nel contrastare l’attuale sistema delle correnti.


Il secondo quesito riguarda l’equa valutazione di professionalità dei magistrati. Con le norme vigenti la valutazione di professionalità dei magistrati è operata, ogni quattro anni, dal CSM sulla base delle indicazioni dei Consigli giudiziari, ma in entrambi i casi la valutazione è rimessa ai membri togati, con l’esclusione dei membri laici. Questo sistema, secondo i proponenti e fautori del Sì, mina l’oggettività delle valutazioni che, essendo eseguite unicamente da magistrati, non sarebbero imparziali. Pertanto, se vincesse il Sì, i membri laici potrebbero esprimere il loro voto in merito alle valutazione sulla carriera dei magistrati in modo vincolante. Al contrario, secondo i promotori del No, la valutazione della professionalità rimessa ai membri laici costituirebbe un pericolo per la terzietà del giudice, dato che gli avvocati facenti parte dei Consigli Direttivi Territoriali sono diretta controparte del giudice nel processo, con conseguente imparzialità nella valutazione.


Il terzo quesito riguarda la separazione delle carriere dei magistrati. Le funzioni dei magistrati si distinguono in funzione requirente, espletata dal Pubblico Ministero (PM), e funzione giudicante, propria, appunto, del giudice. Secondo la legge vigente, peraltro modificata nel 2006 con la Legge Castelli, l’ordinamento delle carriere è unito, con medesimo concorso e possibilità di passaggio di funzioni, con alcune limitazioni. Il passaggio di funzioni può essere richiesto solo quattro volte in tutta la carriera, previo concorso di valutazione e la sede di trasferimento non può appartenere allo stesso distretto. Della separazione delle carriere si parla ormai da decenni e il tema è stato affrontato a più riprese, seppure le ragioni che spingono i fautori del Sì siano rimaste le medesime. Anche all’interno della magistratura vi sono stati molti promotori della separazione delle carriere, tra cui ricordiamo Giovanni Falcone, che a tal proposito disse: “Comincia a farsi strada faticosamente la consapevolezza che la regolamentazione delle funzioni e della stessa carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste per l’espletamento di compiti così diversi: investigatore a tutti gli effetti il pubblico ministero, arbitro della controversia il giudice”. [3] Anche oggi, i sostenitori del Sì avvalorano la diversità delle funzioni e attribuiscono alla separazione una maggiore obiettività e indipendenza del giudice. D’altra parte, i fautori del No sostengono che il referendum non sia lo strumento adatto per riformare una parte così complessa e ravvisano il pericolo di snaturare la figura del Pubblico Ministero, allontanando la figura dalla formazione giurisdizionale che lo accomuna al giudice e creando una cultura dell’indagine e dell’accusa autonoma e slegata.


Il quarto quesito riguarda la limitazione delle misure cautelari. Con questo voto si propone di limitare i casi di applicazione delle misure cautelari. Le misure cautelari sono regolate dall’art. 274 del codice di procedura penale (c.p.p) che elenca esigenze e casi di applicazione delle misure. La misura cautelare è un provvedimento dell’autorità giudiziaria di limitazione delle libertà costituzionalmente garantite, che risponde alla necessità di difesa del bene giuridico messo in pericolo dal reato. Il quesito referendario si propone, pertanto, di eliminare la parte in cui si assoggetta l’applicazione della misura cautelare al pericolo di reiterazione del medesimo reato. I fautori del Sì affermano che le misure cautelari siano troppo spesso abusate e che il pericolo di reiterazione del reato giustifichi l’applicazione delle misure anche nel caso di soggetti non pericolosi e di reati che costituiscono un limitato pericolo sociale. Coloro che si dicono contrari all’abrogazione riconoscono il ricorso frequente delle misure cautelari ma sottolineano come l’art. 274 c.p.p fornisca già i limiti all’applicazione a reati che prevedono una reclusione pari a 4 anni. Un altro argomento a sostegno dell’opposizione all’abrogazione è che non interverrebbe solo sull’applicazione della custodia cautelare ma sugli altri tipi di misure, quali l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa e la sospensione della potestà genitoriale, fondamentali nel contrasto ad alcune fattispecie di reato.


L’ultimo quesito, ma non per questo di minore importanza, riguarda l’abolizione della Legge Severino, o meglio l’abolizione del decreto attuativo 235 del 2012 in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Per dichiarare l’incandidabilità occorre una condanna superiore ai 2 anni di carcere per reati contro la pubblica amministrazione (peculato, concussione) o reati di matrice mafiosa e terroristica, che significherebbero una minaccia per la società. Inoltre, per altre fattispecie di reato non colpose, è prevista l’incandidabilità per condanne superiori a 4 anni. Qualora vincesse il Sì al Referendum del 12 giugno, si apriranno le candidature ai condannati, eliminando l’automatismo della sospensione di 18 mesi che intercorre in caso di condanna non definitiva. I promotori del referendum sostengono che sia meglio lasciare al giudice la discrezionalità di inserire nella condanna l’interdizione dai pubblici uffici se lo ritiene necessario. In particolare, i sostenitori si scagliano contro la sospensione dei 18 mesi, inflitta anche a coloro che verranno in seguito dichiarati innocenti e reintegrati. Gli oppositori all’abolizione della Legge Severino sostengono che i promotori siano interessati per lo più all’abolizione della sospensione, ma se vincesse il Sì verrebbe giù l’intero corpo sull’incandidabilità. La Legge Severino ha costituito un importante traguardo nella lotta alla corruzione all’interno dei palazzi del potere e qualora si tornasse alla situazione precedente, anche i pluricondannati, in mancanza dell’interdizione dai pubblici uffici, potrebbero presentare la propria candidatura.


Come si vota

La votazione avverrà nella sola giornata di Domenica 12 giugno dalle 7 alle 23. Verranno consegnate 5 schede, una per ogni quesito referendario, in cui si dovrà barrare la casella relativa alla preferenza. Si ricorda che non è obbligatorio esprimere la stessa preferenza per tutti i quesiti, ma si può votare Sì a un quesito e No ad un altro, secondo il proprio intendimento.


Il Referendum è il più importante strumento di partecipazione popolare, espressione di alto valore democratico, perché attribuisce al popolo il potere di esprimersi. Al di là che se ne condivida l’utilizzo, ci è stato attribuito il potere di voto e sta a tutti noi alimentare la democrazia.


Fonti:

[1] Redazione, Referendum sulla Giustizia: sondaggio Demopolis a 30 giorni dal voto, Istituto Demopolis, https://www.demopolis.it/?p=10277

[2] Francesca Petrella, I sondaggi politici di Pagnoncelli: Referendum 12 giugno 2022 sulla giustizia, quanto ne sanno gli italiani?, Ipsos, https://www.ipsos.com/it-it/sondaggi-politici-pagnoncelli-referendum-12-giugno-2022-giustizia-italiani-dimartedi-puntata-24-05-2022

[3] Niccolò Magnani, Falcone: “Separare carriere per indipendenza magistrati”/ L’appello ‘pro Referendum’ il Sussidiario, 1 giugno 2022, https://www.ilsussidiario.net/news/falcone-separare-carriere-per-indipendenza-magistrati-lappello-pro-referendum/2351712/






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