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  • Flavia Russo

Il dibattito francese sul ruolo dell’Islām


Negli ultimi anni, la Francia ha subito numerosi e sanguinosi attacchi terroristici che hanno avuto un fortissimo impatto emotivo, politico e sociale nel Paese.

L’uccisione del professore Samuel Paty, decapitato lo scorso ottobre dopo aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo che nel 2015 indussero i fratelli Kouachi ad attaccare la redazione del controverso giornale, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La morte del professore fu considerata un vero e proprio attacco ai valori francesi e spinse il Presidente Emmanuel Macron, a riaprire un serio confronto con la comunità musulmana del Paese.

Dichiarando l’Islām “in crisi” in tutto il mondo, Macron annunciò infatti l’avvio di un piano a difesa dei valori secolari della Repubblica, contro l’Islām radicale. Questo riaccese il dibattito francese sul ruolo dell’Islām, dopo che le dichiarazioni di Macron furono ricevute con grande indignazione sia all’interno del Paese che a livello internazionale. In seguito, infatti, Erdoğan, presidente turco, aveva invitato paesi Islamici a boicottare i prodotti made in France, accendendo proteste anche in Pakistan ed in Algeria. [1]


Storia di una relazione tra la Francia coloniale e l’Islām


Ma prima di proseguire con l’analisi del disegno di legge di Macron, torniamo indietro e diamo uno sguardo alla relazione tra la Francia e l’Islām.

Nei secoli scorsi, la Francia fu una potenza coloniale occupante regioni prevalentemente islamiche del Medio Oriente e dell’Africa. Questo favorì una forte immigrazione da queste regioni ed oggi, la Francia, è il paese con la più grande comunità musulmana in Occidente. [2] Fin da subito però, i francesi considerarono i musulmani “troppo condizionati” dalla religione, ritenendo che questo influenzasse negativamente la loro capacità di integrazione e contrastasse con il valore dilaïcité (legge del 1905),pietra miliare dell’identità francese e della cultura repubblicana. Quindi, i francesi iniziarono una campagna sistematica allo scopo di “distaccare” i musulmani dalla loro cultura e dalla religione islamica imponendo, nelle colonie, divieti sull’uso di simboli religiosi, come il velo islamico. [3]

L’imposizione del divieto sui simboli religiosi continua in Francia anche oggi: la leggedel 2004 vieta l’uso dei simboli religiosi nelle scuole (quindi compreso l’uso del velo) e quella del 2011 che impedisce l’uso del burka, il velo integrale, in pubblico. [4]

Nonostante queste leggi siano state imposte per salvaguardare i valori laici e repubblicani, queste hanno creato una profonda divisione tra la Francia e la comunità musulmana, non favorendo l’integrazione di quest’ultima nella società. Al contrario, si è assistito alla nascita e crescita di individui radicalizzati/ e, di pari passo, ad un incrementato rischio di terrorismo; fenomeni tipici di quando si /emargina una parte della società e/o un particolare gruppo.


Il disegno di Legge sul “separatismo”


Considerando che dal 2015 sono morte più di 260 persone in attacchi perpetrati da gruppi estremisti nel Paese, l’Islāmradicale è uno dei temi che ha impegnato di più il governo di Emmanuel Macron. Il Presidente infatti, in vari discorsi tenuti l’anno scorso, ha individuato come problema principale quello che chiama “separatismo islamista”, ossia la tendenza di alcuni individui a non rispettare le leggi della Repubblica e di vivere in un “ordine parallelo”, nel rispetto della sharī‛a, spesso “in contrasto con l’ordinamento francese”. “L’Islām radicale, crea leggi al di sopra di quelle attualmente vigenti nel Paese, è un pericolo per la Francia perché talvolta si traduce in una contro-società”. [5]

Alla luce di ciò, il disegno di legge, approvato a dicembre dal Consiglio dei Ministri, è posto ad “attaccare il radicalismo e a rafforzare i principi repubblicani”. Nonostante non menzioni esplicitamente l’Islām, la legge concretizza la volontà francese di costruire un Islām a immagine e somiglianza della République, lasciando però anche molte questioni irrisolte.

Per esempio, tra i provvedimenti, il disegno di legge mira ad esprimere l’intenzione di implementare una supervisione più rigida dei finanziamenti stranieri nei luoghi di culto, in particolare nelle moschee, molte delle quali verrebbero quindi chiuse perché storicamente finanziate da enti stranieri. [6] Inoltre, il disegno di legge delinea nuove norme che stabiliscono il divieto di portare “qualsiasi abbigliamento o vestiario che indicherebbe una presunta inferiorità della donna rispetto all’uomo”. Con il nuovo emendamento, passato al Senato all’inizio di aprile, verrebbe quindi vietato l’uso dell’hijab, per le donne minorenni, nei luoghi pubblici. [7]

La legge interverrebbe anche sul piano dell’istruzione, limitando la scolarizzazione a domicilio che, secondo il governo, impedirà ad alcune famiglie di scegliere l’istruzione a casa per ragioni religiose o politiche, evitando così la “radicalizzazione religiosa”. Ma questo avrà ripercussioni sulle scelte educative delle famiglie islamiche, a cui verrà impedito di istruire i bambini a casa e di frequentare scuole coraniche, violando anche il diritto all’educazione. [8] Tra le altre misure vi è inoltre l’intenzione di porre fine alla pratica, ormai di lunga data, di importare imām -lettore dei sacri testi islamici- da paesi come la Turchia, l’Algeria o il Marocco. Tale prassi verrebbe sostituita dalla formazione diimām francesi, che difendono un Islām pienamente compatibile con i valori della Repubblica. [9]


Critiche


È proprio questa volontà di creare un islām basato sui valori francesi, a suscitare maggiore stupore e indignazione di molti Perché mentre può anche essere nel diritto dello Stato voler difendere il proprio Paese, non è giusto giudicare un intera community basato sul comportamento estremista di alcuni individui. Questa legge quindi impedirebbe all’intera comunità musulmana in Francia di praticare liberamente la propria fede, con la probabile conseguenza di una ulteriore emarginazione di essa.

Inoltre, l’imperativo della laicità, secondo il quale lo Stato dovrebbe rimanere lontano dalle questioni religiose e consentire a tutti di praticare liberamente la propria fede, contrasta con quella che appare una chiara ingerenza dello Stato nell’amministrazione del culto e presenta evidenti profili di incostituzionalità. Tant’è, anche i leader di altre religioni hanno espresso il timore che la legge possa imporre limiti alle loro libertà fondamentali.

Mentre il progetto snatura l’Islām, privando i suoi fedeli di sostenere il loro diritto di libera pratica, rendendoli invisibili e costringendosi ad adattarsi a valori/ che non gli appartengono, nessun riferimento viene fatto all’evidente inadeguato modello di assimilazione della communita’ musulmana nel Paese. L’esecutivo francese si preoccupa che l’estremismo prenda residenza nelle moschee, in quanto queste sono giudicate suscettibili ad acquisizioni ostili, implementando quindi controlli più stretti, o con imām istruiti dall’estero, ma non si spinge a riconoscere la responsabilità dei politici e della politica francese a creare un contesto che faciliterebbe l’integrazione. La ghettizzazione urbana risultata dall’inadeguato investimento sociale da parte del governo francese, per fare un esempio, non facilita di certo un contesto di integrazione per la comunità musulmana, spesso relegate alle periferie. Infatti, è proprio qui che nelle comunità si rinforzano le cosiddette “identità reattive”; ambienti sociali estremamente chiusi che favoriscono la semplificazione dottrinale creando un terreno fertile per la propaganda jihadista. [10]

Quindi, piuttosto che implementare leggi che favoriscono la creazione di uno Stato nel quale non c’è spazio per le religioni, bisognerebbe invece stimolare una coscienza comune orientata al riconoscimento e tolleranza reciproche per creare un ambiente dove tutte le religioni possano esprimersi godendo di uguali diritti e adeguati strumenti di tutela, in conformità con i principi costituzionali. È la mancata integrazione e il perpetuo isolare di certe comunità che va di pari passo con la radicalizzazione, più che voler indossare un’hijab quando si esce di casa.

Non è paradossale che un paese come la Francia che vanta il diritto assoluto di libertà di espressione ponga poi dei limiti sulla libertà di esprimere la propria religiosità?


Fonti:

[1] SBS News, Turkish president backs boycott of French products over Emmanuel Macron's Islam comment, 27 ottobre 2020, https://www.sbs.com.au/news/turkish-president-backs-boycott-of-french-products-over-emmanuel-macron-s-islam-comments

[2] La comunità musulmana in Francia è la più grande in Europa con le sue 5.7 milioni di persone.

[3] Ahmet Yasar, Abdulaziz, France’s Islamophobia and its roots in French colonialism, trt Worls, 19 aprile 2019, https://www.trtworld.com/magazine/france-s-islamophobia-and-its-roots-in-french-colonialism-25678

[4] Matthew Weaver, Burqa bans, headscarves and veils: a timeline of legislation in the west, The Guardian, 31 maggio 2018 https://www.theguardian.com/world/2017/mar/14/headscarves-and-muslim-veil-ban-debate-timeline

[5] Il Post, La Francia e il nuovo progetto di legge sulla laicità dello Stato, 10 dicembre 2020, https://www.ilpost.it/2020/12/10/francia-legge-laicita-islam/

[6] The Stream Aljazeera, Is France legalising Islamophobia?, 15 aprile 2021 https://www.aljazeera.com/program/the-stream/2021/4/15/is-france-legalising-islamophobia

[7] Aljazeera, ‘Law against Islam’: French vote in favour of hijab ban condemned, 9 aprile 2021, https://www.aljazeera.com/news/2021/4/9/a-law-against-islam

[8] Tidey Alice, Here’s all you need to know about France’s controversial separatism law, Euronews, 16 febbraio 2021,

[9] Corda Carmen, Una Carta dei Principi per l ‘Islam di Francia, IARI, 20 febbraio 2021 https://iari.site/2021/02/20/una-carta-dei-principi-per-lislam-di-francia/

[10] Cohen Roger, France takes on Islamist Extremism with New Bill, New York Times, 9 dicembre 2020,





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