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  • Paolo Falqui

Il nuovo governo Sánchez non è nato sotto una buona stella



Dopo il fallimento del mandato di Feijóo, che con il Partido Popular aveva vinto le elezioni ma che a causa dell’alleanza con Vox non era riuscito ad ottenere appoggio dagli indipendentisti, è stato il PSOE di Pedro Sánchez a riunire una maggioranza che con tutta probabilità si convertirà nella formazione di governo. A ormai 4 mesi dalle elezioni, infatti, il presidente uscente ha firmato accordi con i principali partiti indipendentisti, potendo contare in questo momento con l’appoggio di 179 deputati, 3 in più della maggioranza assoluta. [1]


Come avevamo ipotizzato nel commento alle elezioni [2], la posizione di forza dei partiti indipendentisti catalani e baschi, vero ago della bilancia vista l’impossibilità per entrambe le coalizioni di arrivare alla maggioranza da sole, ha fatto sì che per ottenere i loro voti il PSOE si sia ritrovato a dover fare concessioni molto larghe, che non solo hanno totalmente oscurato la settimana in cui la principessa Leonor ha giurato sulla Costituzione, ma hanno anche scatenato un’ondata di proteste e manifestazioni diffuse in tutta la Spagna, che non accennano a placarsi.


Giovedì 2 Novembre: il patto con Esquerra Republicana de Catalunya

Dopo aver ricevuto mandato dal Re il 3 ottobre, vista la caduta a settembre della coalizione di destra alla fiducia, Pedro Sánchez si è subito messo a lavoro per ricostruire la maggioranza del suo secondo governo, ottenendo durante il mese di ottobre l’appoggio di quasi tutti i partiti che ne formavano parte. Più complicata è stata la trattativa con ERC (Esquerra Republicana de Catalunya), la cui base aveva fortemente criticato lo stallo nella questione catalana durante la scorsa legislatura e che aveva pagato dazio alle urne uscendone fortemente ridimensionata. Questo ha fatto sì che la loro partecipazione fosse condizionata da richieste molto più ampie e reali rispetto a 3 anni fa, che si sono concretizzate in un patto di governo che da subito è risultato controverso. La principale vittoria di ERC (e anche l’origine delle proteste in corso) è stato l’impegno dei socialisti nella promulgazione di una Legge per l’amnistia dei politici catalani giudicati colpevoli per il referendum del 2017, che ha di fatto riaperto una ferita ancora fresca nell’opinione pubblica spagnola; a questo si aggiungono concessioni economiche e di competenze, come il perdono di approssimativamente 14 miliardi di debito della Comunità Autonoma di Catalogna verso Madrid. [3]


Giovedì 9 novembre: il patto con Junts per Catalunya

Una settimana più tardi, il PSOE arriva a un accordo decisivo anche con la formazione di Puigdemont, che non era entrata nell’esecutivo precedente, e che ha causato l’espandersi delle proteste che già erano state accese dall’accordo con ERC. Infatti, oltre alla riproposizione della Legge dell’amnistia, che, tra le altre cose, permetterebbe al presidente catalano in esilio di tornare in Spagna, l’accordo si spinge fino a riconoscere l’esistenza di un problema politico nella questione catalana e la necessità di una mediazione tra Madrid e Barcellona. [4]

Rispetto al patto con ERC ci sono alcune differenze sostanziali: PSOE e Junts riconoscono la loro differenza di vedute su temi come un nuovo referendum per l’indipendenza della Catalogna (che Junts vorrebbe proporre e al quale il PSOE si oppone) o sulla natura della consultazione del 2017 (valida e ancora vigente secondo il partito catalano); per quanto riguarda la spinosa questione dell’amnistia vengono inclusi nella legge anche gli organizzatori di Tsunami Democràtic, movimento che si rese protagonista di manifestazioni violente e scontri in risposta alla sentenza che condannò i promotori del referendum indipendentista; infine viene inserito il concetto molto discusso di lawfare, ovvero la strumentalizzazione della giustizia per scopi politici, in merito alla soppressione da parte del governo centrale della consultazione del 2017. [5]


Sabato 11 novembre: il patto con il Partido Nacionalista Vasco

L’ultimo in ordine di tempo, e forse il più leggero ma ugualmente significativo, è l’accordo con il Partito Nazionalista Basco (PNV), già alleato di Sánchez nella scorsa legislatura; anche in questo caso, viste le aperture nei confronti degli indipendentisti catalani, i socialisti hanno dovuto cedere più terreno alle rivendicazioni basche. Così il PNV ha ottenuto l'approvazione del trasferimento di “competenze storiche”, quali la gestione del sistema di Previdenza Sociale basco auspicata da tempo e il riconoscimento di Euskadi (nome dei Paesi Baschi in lingua basca) come nazione. [6]


Reazioni e possibili sviluppi

Fin dal primo momento in cui si è parlato dell’amnistia, la destra, e più in generale tutte le parti unioniste dell’opinione pubblica spagnola, sono insorte: le manifestazioni vanno avanti ormai da settimane a Madrid e in molte altre città della Spagna, con presenze di decine di migliaia di persone sotto le sedi del PSOE, accusato di mettere a repentaglio l’esistenza stessa della nazione spagnola. Persino l’organo di governo dei giudici spagnoli ha osteggiato i vari accordi, denunciando all’Unione Europea “i gravi attacchi allo Stato di Diritto e alla separazione dei poteri”. [7]

È evidente che il rischio preso da Pedro Sánchez pur di poter formare un governo non è indifferente: quando ancora non si è nemmeno insediato ha già spaccato la società spagnola con impegni fortemente impopolari, che fanno presagire una legislatura che sarà tutto tranne che semplice, e che per la prima volta nella storia di Spagna potrebbe portare a una apertura di Madrid a processi di nuove forme di autonomia e/o indipendenza. In questo scenario complesso e in certo modo già pregiudicato, sarà una grande sfida per quello che ormai è l’ultimo governo progressista dell’Europa meridionale mantenere la barra dritta e non deragliare, tra i problemi in politica estera (Ucraina e Israele, ma anche la situazione del Sahara Occidentale) e quelli economico-sociali, a cui si sommeranno le varie istanze degli alleati indipendentisti (a questo punto da considerare come gli autentici vincitori della tornata elettorale), che proveranno a sfruttare l’occasione per fare enormi passi avanti nelle loro rivendicazioni.


Si prospetta dunque un futuro prossimo interessante, che potrebbe cambiare l’aspetto della Spagna e dell’Europa intera.

Fonti:

[1] Juan Carlos Merino, Sánchez alcanza una mayoría absoluta para avalar su investidura la próxima semana, La Vanguardia, 11 novembre 2023, https://www.lavanguardia.com/politica/

[2] Paolo Falqui, Elezioni in Spagna: al voto è successo di tutto e tutto può ancora succedere, Toc Toc Sardegna, 26 luglio 2023, https://www.toctocsardegna.org/post/

[3] Redazione, El acuerdo entre el PSOE y ERC para la investidura de Pedro Sánchez, elDiario.es, 2 novembre 2023, https://www.eldiario.es/catalunya/

[4] Redazione, Lee el acuerdo firmado por PSOE y Junts para la investidura de Pedro Sánchez, elDiario.es, 9 novembre 2023, https://www.eldiario.es/politic

[5] Judit Castaño, Diferencias y similitudes de los acuerdos de ERC y Junts con el PSOE para investir a Sánchez, Público, 9 novembre 2023, https://www.publico.es/es/politica/

[6] Redazione, Así es el pacto entre el PSOE y el PNV para la investidura de Pedro Sánchez: este es el documento del acuerdo, 20minutos, 11 novembre 2023, https://www.20minutos.es/noticia/

[7] Redazione, El CGPJ denuncia los pactos del PSOE con ERC y Junts ante la UE, Euronews, 10 novembre 2023, https://es.euronews.com/


Immagine di copertina: Manifestazioni in piazza in Spagna (fonte: Marco.com)

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