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  • Immagine del redattoreGiulio Ardenghi

Italiani senza Dio? Il declino della fede



Un recente articolo pubblicato su Il Messaggero [1] riporta delle statistiche che confermano un fatto che già era facile percepire: gli italiani, un tempo tra i popoli più religiosi nel mondo occidentale, stanno perdendo la fede. Certo, la laicité francese o la vasta secolarizzazione delle società nordeuropee consentono all’Italia di mantenere ancora una posizione di rilievo in questa classifica, ma è chiaro che, anche nel nostro Paese, qualcosa è cambiato.


Dal 2009 chi dichiara di non credere in Dio è passato dal 26% al 36%, mentre la percentuale di chi ci crede è diminuita dal 72% al 57%. Già questo è un dato su cui riflettere. Credere in Dio non significa necessariamente abbracciare una religione, così come, in un certo qual modo, abbracciare una religione non significa necessariamente credere in Dio. L’articolo menziona il fatto che, nonostante i credenti siano solo il 57%, chi si rifà alla Chiesa Cattolica per ragioni culturali è invece il 72% degli intervistati.

C’è anche un’altra osservazione che possiamo fare: il concetto di Dio, specialmente come viene usato da questo dossier, è estremamente vago. Per esempio, che cosa dire di un panteista, di qualunque varietà, che non nega l’esistenza di Dio ma neanche lo riconosce come personale e trascendente?


Anche il discorso sul credere meriterebbe un trattamento a parte. Il dossier afferma di stare, generosamente, accogliendo tra le fila dei credenti anche quelli che hanno dei dubbi. Difficilmente è esistito qualcuno che ha avuto fede senza avere dubbi. Grandissimi autori cristiani come Kierkegaard o Dostoevskij conoscono bene il dubbio. Gesù Cristo stesso ha dubitato quando è stato messo in croce. Trattare la fede come pienamente plausibile solo quando è una certezza assoluta supportata da una costante carica emotiva significa imporre ai credenti uno standard ingiustamente alto. Nessuno tratta un ateo agnostico, ovvero uno che non esprime un giudizio sull’esistenza di Dio ma propende per una risposta negativa, come un quasi-credente. Sarebbe un errore trattare un credente dubbioso come un quasi-ateo.

L’accoglienza dell’articolo in esame da parte degli utenti di internet è stata, in generale, quantomai positiva. Alcuni hanno persino condiviso la locandina esclamando che “stiamo guarendo”. A dire la verità, se le reazioni che l’articolo ha ricevuto fossero rappresentative del sentire comune di tutti gli italiani, sarebbe davvero sorprendente pensare che i credenti siano oltre la metà della popolazione.

Ora, se queste persone avessero letto l’articolo senza fermarsi alla locandina, non sarebbero così euforiche. Anche il dossier del Messaggero è costretto ad ammettere che:

"(Nella ricerca) sono contenute novità anche sul versante del comportamento politico visto che la propensione al voto dei cattolici si posiziona nell’area di centro, sia di coloro che guardano a centro-destra, sia di coloro che guardano a centro-sinistra. Inoltre i cattolici praticanti sono più propensi alla partecipazione politica e sono meno esposti alle sirene sovraniste." [2]


Di fatto, questo significa che c’è un trend inversamente proporzionale tra il fanatismo politico e il coinvolgimento delle persone nello stesso cattolicesimo. Un cattolico praticante ferrato nella storia e nella teologia della sua religione sarà molto più difficile da sobillare da parte di politici che pretendono di parlare a difesa della sua tradizione ma la vivono molto meno di lui. È proprio laddove regna l’ignoranza in materia che qualunque teologia può venire spacciata come l’unica possibile o accettabile. È un discorso che viene sempre fatto per rimproverare chi si scaglia contro l’Islam sulla base del terrorismo, perché mai le cose dovrebbero essere diverse per quanto riguarda il cattolicesimo?


Questo, naturalmente, vale tanto per i religiosi quanto per gli atei. Se il problema fosse la religione e non l’ignoranza su di essa, i non credenti non vorrebbero addossare al cristianesimo l’assurda credenza secondo cui Dio avrebbe sacrificato se stesso a se stesso, in modo da salvare noi da sé stesso.


Tutto questo per dire che, se meno persone credono in Dio ma molti continuano a trovare nel cattolicesimo una vaga radice culturale di base, non si tratta affatto di una guarigione. Potrebbe benissimo essere una malattia che si aggrava.


Quanto espresso in questo articolo è basato sulle opinioni dell'articolista che non necessariamente riflettono la linea editoriale di TocToc Sardegna


Fonti: [1] Giansoldati Franca, Crollo della fede tra gli italiani: uno su due non crede più e gli atei sono raddoppiati: il dossier, Il Messaggero, 06 ottobre 2023, https://www.ilmessaggero.it/vaticano, consultato il 14/10/2023. [2] Ibid.


Immagine di copertina: Parrocchia S.Antonio da Padova in Arcella

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