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  • Immagine del redattoreFrancesca Deiana

La Libia dieci anni dopo Gheddafi


A quasi dieci anni dall’uccisione di Mu’ammar Gheddafi, avvenuta per mezzo di un attacco aereo della NATO, e dopo dieci anni di guerra civile, la Libia ha un nuovo governo, composto da ventisei ministri, tra cui cinque donne, e il cui Primo Ministro è Abdul Hamid Dbebibah. Si tratta, tuttavia, di un governo ad interim e che dovrà condurre il Paese alle elezioni del 24 dicembre di quest’anno.


Dbeibah è nato sessantuno anni fa a Misurata, figlio di un’importante famiglia arricchitasi durante gli anni del boom economico ed edilizio che coinvolse la città portuale, dove Dbeibah è tornato a vivere dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria all’Università di Toronto. Dopo poco tempo viene notato prima dall’entourage di Gheddafi e, in un secondo momento, dallo stesso ex presidente, che nel 2007 gli affida la gestione della Compagnia di Stato libica per l’investimento e lo sviluppo, compagnia che si occupava di realizzare la maggior parte delle opere pubbliche.

Il 5 febbraio scorso ha vinto le elezioni, che si sono tenute a Ginevra sotto la supervisione delle Nazioni Unite, per il rinnovamento delle cariche dello stato libico; a votare sono stati settantacinque delegati libici, tra cui esponenti politici e tribali selezionati dalle Nazioni Unite; il 10 marzo il Governo è stato poi votato da 130 parlamentari della Camera dei Rappresentanti.

Il processo di peacekeeping è iniziato il 19 gennaio del 2020 a Berlino dopo dieci anni di guerra civile, scoppiata in seguito alle rivolte del 2011, conosciute dalla stampa occidentale come Primavere arabe. L’equilibrio su cui si reggevano i regimi autoritari, e dunque anche quello libico, era reso possibile dalla continua conferma della vecchia élite statalista e dal contenimento della diffusione di idee liberali attraverso il controllo dei media, il tutto mentre tra i cittadini aumentavano le disparità economiche e sociali causate dalle liberalizzazioni economiche. In Libia (e in Siria) le proteste del 2011 contro questo sistema divenuto ormai insostenibile sono sfociate in una guerra civile, che ha visto emergere due principali gruppi: il Governo di Accordo Nazionale (GNA) con sede a Tripoli, e il governo del generale Khalifa Haftar, che servì il governo di Gheddafi, sostenuto dalla Camera dei Rappresentanti. I due governi godevano anche dell’appoggio di differenti potenze mondiali: il GNA era sostenuto dalla Turchia, mentre il governo di Haftar poteva vantare l’appoggio di Francia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. A rendere ancora più cruento il conflitto, l’avvento, nel 2014, di affiliati del sedicente stato islamico (ISIS), che in pochi mesi si aggiudicò il controllo di Derna e Sirte e che portò all’intervento militare degli Stati Uniti.


Si era già provato, nel 2015, a formare un governo che promuovesse l’unità nazionale con Al-Sarraj, ma nonostante i successi ottenuti contro l’ISIS, la profonda crisi economica non creò le condizioni adatte perché il governo rafforzasse la sua autorità; da allora la guerra civile si è perpetuata fino al cessate il fuoco della Nazioni Unite e la vittoria di Dbeibah, per cui lo stesso Haftar si è detto felice di collaborare per l’unità della Libia.

Dbeibah ha sostenuto come “(…) useremo istruzione e formazione per promuovere la stabilità del Paese” e come punti alla riconciliazione nazionale.

Ma è davvero un nuovo inizio?


Alcuni osservatori della guerra libica hanno sollevato qualche perplessità: quella che più risalta riguarda la vicinanza del nuovo Primo Ministro all’ex dittatore Gheddafi, aspetto che, secondo alcuni, gli costerà mancanza di credibilità agli occhi del popolo; obbiettivo difficile da raggiungere per un politico di un qualsiasi Paese ma reso ancor più difficile in un Paese senza acqua, senza elettricità, senza liquidità, senza vaccini contro il COVID-19, un Paese in cui sono ancora presenti circa 20 mila combattenti stranieri e che conta 217mila sfollati, il tutto sullo sfondo di rivalità tribali e regionali che vanno avanti da decine di anni.

Nel frattempo, i principali leader politici del Mondo hanno accolto con entusiasmo la notizia del nuovo Governo e si sono detti disponibili a collaborare.


L’equilibrio politico della Libia riguarda noi Italiani per tre ragioni:

  • la prima, la più visibile: la vicinanza geografica; la costa libica dista, infatti, soltanto 355 km dall’isola di Lampedusa;

  • la seconda è che a riunificare quelle regioni e quelle tribù spesso rivali è stata l’Italia, durante il suo periodo coloniale;

  • la terza, molto più contemporanea. Nel 2011 la Libia era il nostro primo fornitore di petrolio, ad oggi è il quarto; prima della rivoluzione del 2011 l’Italia era il principale partner economico della Libia: il 10% delle importazione libiche provenivano dall’Italia ed erano presenti circa cento aziende italiane sul territorio libico: ENI, IVECO e Ferretti erano alcune di queste.

È, tuttavia, opportuno sottolineare come ciò veniva reso possibile dal non poco contestato Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia, promosso dall’allora Primo Ministro italiano, Silvio Berlusconi, e l’ex dittatore Gheddafi.


Fonte:

Abdul Hamid Dbeibah: Who is Libya’s new prime minister?, Aljazeera, 6 febbraio 2021, https://www.aljazeera.com/news/2021/2/6/abdul-hamid-dbeibah-who-is-libyas-new-prime-minister

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