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  • Matteo Meloni

Strage di Ustica, Amato tra verità e dietrofront




I familiari degli 81 passeggeri dell’aereo DC-9 della compagnia Itavia precipitato il 27 giugno del 1980 devono aver avuto un triste e malinconico sussulto nei giorni scorsi, all’indomani delle dichiarazioni rilasciate da Giuliano Amato al quotidiano La Repubblica. In una lunga intervista, l’ex Presidente del Consiglio e Presidente Emerito della Corte Costituzionale ha utilizzato toni forti, accusando pesantemente Francia e Nato di aver, sostanzialmente, insabbiato la verità relativa alla strage di Ustica, una delle innumerevoli, tristi storie italiane ancora senza fine. Gli stessi familiari devono aver provato ulteriore sgomento questa mattina, leggendo quella che potremmo definire una marcia indietro del Boiardo di Stato Amato, che sulle pagine de La Verità sostiene di non avere ulteriori elementi, ma di aver semplicemente ribadito ipotesi già accreditate.


La vicenda tocca molteplici tematiche legate ai sentimenti umani, alla politica interna, alla geopolitica e alla mediaticità delle dichiarazioni, aspetti che si uniscono in un tutt’uno, complicando la chiave di lettura attorno alla strage di Ustica. Quasi un nuovo, ennesimo depistaggio per una drammatica storia che merita il massimo rispetto per le vittime e per i loro affetti, per gli sconquassi che rischia di creare nell’attuale maggioranza di Governo, per le relazioni con i nostri più stretti partner internazionali. Con un ulteriore punto da analizzare: l’enfasi data all’intervista.





Un pregio avuto dalle dichiarazioni di Amato, infatti, è stato quello di riportare sulle prime pagine dei quotidiani nazionali la vicenda del DC-9, rispolverando il clima esistente 43 anni fa in un’Italia legata al Patto Atlantico e nel quadro di un’ancora attivissima guerra fredda, con il Mediterraneo diventato triste protagonista di quel confronto tra blocchi contrapposti. Ma la domanda che in tanti si sono posti è stata: esistono novità ancora non rivelate?


Amato, come ricordato da SkyTg 24 attraverso la ripubblicazione della video intervista del 2008 al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, non è stato il primo a puntare il dito contro Parigi. “Informarono l'allora Sottosegretario di Stato, oggi Ministro dell'Interno Giuliano Amato, e anche me che erano stati i francesi, decollando dal Clemenceau, un aereo di Marina e che aveva lanciato un missile, un missile non ad impatto, ma a risonanza”, disse testualmente Cossiga interpellato dal canale all-news.


Tuttavia, ad azzoppare clamorosamente ogni possibilità di nuove rivelazioni è lo stesso Amato, che a La Verità chiarisce: “Io ho solo rimesso sul tavolo una ipotesi già fortemente ritenuta credibile, non perché avessi forti elementi, ma per sollecitare chi li ha a parlare, a dire la verità. Non altro”. E ancora: “Io non ho raccontato nulla di nuovo, non era nelle mie possibilità. Volevo riportare il tema all’attenzione, sollecitare chi potrebbe convalidare quell’ipotesi a parlare”. Perché, dunque, chiedere con veemenza le scuse della Francia, coinvolgere direttamente il Presidente Emmanuel Macron e la Nato in una fase, tra l’altro, delicata della storia dell’organizzazione?


Difficile poter sostenere che Giuliano Amato non sia uomo di esperienza e spessore. Ancor più risulta alquanto strano che non abbia riportato fedelmente le informazioni in suo possesso. Motivo per il quale, nella legittima critica che gli si può rivolgere per l’essere tornato sui propri passi rispetto allo slancio di presunte novità non giunte, bisogna dargli atto del coraggio di aver affrontato pubblicamente, a distanza di 43 anni, il dramma della strage, offrendo spunti per la comprensione non solo del passato ma anche del presente.


Tra fedeltà alla Costituzione e fedeltà alla Nato in tutti questi anni è prevalsa la seconda?”, gli chiede la giornalista Simonetta Fiori. “Purtroppo sì — risponde laconico Amato —. E questo non dovrebbe accadere perché la Nato sta dentro l’articolo 11 della Carta, quindi dovrebbe operare in modo da realizzare pace e giustizia fra le nazioni. Qui invece cosa è successo? Un apparato costituito da esponenti militari di più Paesi ha negato ripetutamente la verità pensando che il danno sarebbe stato irrimediabile per l’alleanza atlantica e per la stessa sicurezza degli Stati”.


E quindi — prosegue l’ex Presidente del Consiglio — tutte queste persone hanno coperto il delitto per “una ragion di Stato”, anzi dovremmo dire per “una ragion di Stati” o per “una ragion di Nato”. In base alle regole della ragion di Stato, il crimine forse sarebbe stato meno grave se fosse stato soppresso il leader libico (Gheddafi, ndr), che era l’obiettivo dell’azione militare. Ma invece sono stati uccisi ottantuno innocenti passati lì per caso. E quindi resta un delitto gravissimo”.


Il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, in partenza per la delicata missione diplomatica in Cina, ha subito dichiarato che Amato “è una persona che ha avuto grande importanza ma è un privato cittadino”. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto ad Amato di mettere a disposizione ulteriori nuovi elementi se ne avesse a disposizione. Il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini ritiene che “visto il peso delle affermazioni di Amato e il suo ruolo rilevante all’epoca dei fatti, attendiamo commenti dalle autorità francesi”.


Tre diverse risposte da membri del Governo alleati, tre diverse sensibilità da inquadrare nell’ambito di una continua lotta, non troppo velata, per il mantenimento del potere e l’acquisizione di uno spazio elettorale, tra vari segmenti di popolazione più o meno attenti a tali dinamiche. Una verità è purtroppo accertata: ovvero, non esiste ancora una verità univoca sulla strage di Ustica. Rimangono il dolore e lo sgomento per la morte di 81 cittadini italiani, sacrificati dagli interessi internazionali, che esacerbano la scarsa considerazione dei nostri stessi alleati per la sovranità nazionale italiana, calpestata, denigrata, offesa. Per “una ragion di Stato”, per “una ragion di Stati” o per “una ragion di Nato”.



Fonti:

[1] La Repubblica, 2 settembre 2023

[2] La Verità, 5 settembre 2023

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