top of page
  • Chiara Aresu

Venezuela e Guyana: dall’origine della contesa dell’Esequibo al referendum del 2023




Il 3 dicembre in Venezuela si è svolto un referendum in cui è stato chiesto ai cittadini se fossero a favore o contro l’annessione dell’Esequibo, una regione amministrata dalla Guyana che viene rivendicata dal Venezuela sin dal 1811.

Se osservata da una cartina, la regione dell’Esequibo può sembrare poco importante. Un vasto territorio nel nord del Sudamerica ricoperto interamente dalla foresta tropicale, che confina a est con il Venezuela, a sud con il Brasile, a ovest con il Suriname e a nord si affaccia sull’oceano Atlantico.


In realtà questa regione, che costituisce i due terzi del territorio della Guyana, è una zona ricchissima di materie prime come petrolio, gas e miniere. Nel 2015 è stata scoperta un’area ricca di giacimenti petroliferi al largo della costa. A causa delle scarse possibilità economiche della Guyana, la gestione dell’estrazione del petrolio è stata affidata ad una compagnia statunitense, la ExxonMobil. [1] Secondo le stime, grazie all’enorme quantità di risorse che sono state scoperte, nei prossimi anni la Guyana potrebbe diventare non solo il principale produttore di petrolio dell’America Latina, ma anche uno dei maggiori produttori al mondo. [2]


Prima di procedere nell’analisi del referendum è necessario spiegare le origini storiche della contesa dell’Esequibo tra Venezuela e Guyana, che risalgono ai primi cambiamenti politici dell’epoca del colonialismo europeo in America Latina.


La storia


Nel 1777 con la creazione del Capitanato Generale del Venezuela, ancora colonia spagnola, venne sancito come confine tra i territori colonizzati dalla Spagna e quelli sotto dominio dei Paesi Bassi il fiume Esequibo.

Nel 1814 il Regno Unito entrò in possesso di alcuni territori olandesi e si venne a creare, qualche anno più tardi, la Guyana britannica. Il Venezuela in quegli anni aveva da poco avviato un impegnativo processo di indipendenza dalla Spagna per cui la regione dell’Esequibo, zona periferica e scarsamente popolata, divenne meta dell’espansione coloniale inglese, che venne successivamente riconosciuta a livello internazionale.


Da quel momento iniziarono le proteste del Venezuela e la rivendicazione dei territori dell’Esequibo. Alejo Fortique, rappresentante del Venezuela, avviò un dibattito con il governo britannico mostrando la documentazione risalente alla creazione del Capitanato e chiedendo che la linea di confine tornasse a essere il fiume Esequibo.

In risposta a questa richiesta, il Regno Unito propose un’altra linea di confine che non coincideva con le richieste di Fortique. Una proposta che fu rifiutata dal governo venezuelano, ma il no venezuelano non fermò l’espansione britannica.


Qualche decennio dopo, nel 1897, i due Stati firmarono il trattato di Washington in cui si decise di creare un tribunale speciale che avrebbe avuto il compito di risolvere la disputa. Il tribunale era composto da due membri delle parti in causa, Venezuela da una parte e Guyana e Regno Unito dall’altra, più un terzo membro neutrale, rappresentato da un diplomatico russo. Il Venezuela venne rappresentato da due giuristi statunitensi, anche se per quanto riguarda questo aspetto si hanno versioni diverse. Alcune fonti dicono che sia stato il Venezuela stesso a voler essere rappresentato da giuristi stranieri, altre invece affermano che il Venezuela non sia stato mai invitato al tavolo dei negoziati e che ci sia stato un accordo segreto tra inglesi e russi in favore della corona britannica. Questa seconda versione è anche quella riportata dal Venezuela nella denuncia fatta all’ONU nel 1962, in cui si chiedeva l’annullamento del trattato.


Si arrivò così all’Accordo di Ginevra del 1966, in cui, dopo aver messo in dubbio la decisione del trattato precedente e considerato che di lì a pochi mesi la Guyana avrebbe ottenuto la sua indipendenza dal Regno Unito, si decise che questa sarebbe dovuta entrare nei negoziati come stato a parte. Mentre si lavorava per cercare una soluzione condivisa da entrambe le parti, la regione del’Esequibo sarebbe rimasta sotto la giurisdizione della Guyana.

Negli anni ‘80 il Venezuela propose alla Guyana una negoziazione diretta: quest’ultima non accettò ma propose a sua volta delle alternative, come l'intermediazione delle istituzioni dell’ONU o della Corte Internazionale di Giustizia, che però vennero rifiutate da Caracas.

Tempo dopo il Venezuela si rivolse alle Nazioni Unite e entrambi gli Stati accettarono di perseguire il metodo dei “buoni uffici” che però tutt’oggi non ha ancora prodotto alcun risultato.


Con l’articolo 10 della nuova Costituzione che venne approvata tramite referendum nel 1999, anno nel quale arrivò al governo Hugo Chávez, il Venezuela mise nero su bianco che “il territorio e gli altri spazi geografici della Repubblica sono quelli che corrispondevano al Capitanato Generale del Venezuela prima della trasformazione politica iniziata il 19 aprile 1810, con le modifiche derivanti da trattati e lodi arbitrari non viziati di nullità”. Durante il chavismo i rapporti tra Venezuela e Guyana furono abbastanza pacifici e non si registrarono particolari tensioni tra i due. [3] [4]


Il contesto è però sembrato cambiare repentinamente negli ultimi tempi. Si è arrivati così al referendum indetto dal governo di Nicolás Maduro che si è svolto il 3 dicembre scorso (senza l’assenso della Guyana) e ha avuto esistito positivo con oltre il 90% dei “si”. La votazione è stata al centro di forti critiche sia per quanto riguarda la sua effettiva validità dal punto di vista del diritto internazionale, sia dal punto di vista della trasparenza. Alcuni analisti hanno fatto presente che in realtà i quesiti a cui rispondere in questo referendum erano cinque. L’autorità di competenza, il Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), ha dichiarato di aver registrato 10 milioni di voti senza però parlare di votanti, [5] che secondo i report sono stati “solo” 2,1 milioni su 21 milioni di abitanti. Sono stati per questo messi in dubbio i dati del CNE e anche le parole del presidente Maduro, che ha dichiarato fermamente che la popolazione è accorsa in massa alle urne.


Subito dopo la notizia della vittoria del "sì" al referendum Maduro ha dato ordine alla compagnia petrolifera di stato, la PDVSA, di iniziare immediatamente a estrarre il petrolio e a sfruttare il gas e le miniere dalla regione dell’Esequibo. Il presidente si è poi presentato in conferenza stampa mostrando la nuova mappa del Venezuela, comprendente il territorio appena annesso e l’ha poi pubblicata sul suo profilo Instagram scrivendo “questa è la nostra nuova cartina amata”. [6] Il Presidente della Guyana, Irfaan Ali, ha prontamente risposto rassicurando i suoi cittadini a proposito della sicurezza dei confini del Paese e aumentando le truppe schierate lungo il confine. Tuttavia, Ali ha contemporaneamente invitato il Venezuela a non agire in maniera impulsiva ma sempre attraverso la diplomazia. [7]



Diplomazia che si è fatta largo nei giorni successivi. Il 14 dicembre, undici giorni dopo il referendum, i due leader, Maduro e Ali, si sono incontrati in un vertice nella città di Kingston, capitale dello Stato caraibico di Saint Vincent e Grenadine. All’incontro erano presenti anche osservatori dell’ONU, membri della Caricom, la Comunità dei Caraibi, e rappresentanti del governo brasiliano. Con questo vertice, che si è concluso con una stretta di mano tra i due presidenti, è stato deciso che il dialogo per la risoluzione pacifica della controversia proseguirà. Entrambe le parti hanno poi ribadito le proprie posizioni. Maduro rivendica il risultato ottenuto dal referendum, affermando che si tratta di un mandato che gli è stato affidato dal popolo venezuelano e che perciò dovrà portarlo a compimento attraverso il dialogo. Irfaan Ali ribadisce ancora una volta che l’Esequibo è parte della Guyana e che continuerà a difendere la regione in nome della sovranità del Paese. [8]


Il referendum


Ovviamente dal punto di vista del diritto internazionale il referendum del 3 dicembre non ha alcun significato legale. Non si può decidere di annettere un territorio senza aver prima il consenso da parte delle popolazioni che ci vivono e anche nel caso in cui questo consenso ci sia il processo di annessione non si riduce a un semplice referendum.

Ma come mai Nicolás Maduro ha deciso di fare questo referendum proprio adesso? Le ipotesi che potrebbero spiegare questa scelta sono molteplici.

La più accreditata finora è quella secondo la quale Maduro, in carica dal 2013 poi riconfermato nel 2018, sta arrivando a fine mandato con i consensi in rapido calo e l’economia in brandelli. Il Venezuela è tra i Paesi con l’inflazione più alta al mondo con un tasso che supera il 310%. [9] La crisi ha causato un’ondata migratoria senza precedenti: secondo l’Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite circa 7.5 milioni di venezuelani hanno lasciato finora il Paese. [10] Visto il successo ottenuto alle primarie da Maria Corina Manchado, la leader dell’opposizione, Maduro aveva bisogno di trovare un appiglio, in questo caso una questione di carattere nazionalistico come l’annessione dell’Esequibo, che tanti prima di lui hanno provato a realizzare senza però riuscirci, che potesse ridare fiducia ai cittadini e restituirgli quei consensi necessari per essere riconfermato alle elezioni presidenziali del 2024.



Nonostante l’ostinazione di Nicolás Maduro per il momento la possibilità di un intervento armato, temuto inizialmente, da parte del Venezuela sembra essere piuttosto remota. L’attacco darebbe vita a un mutamento di equilibri che nessuna delle due parti sarebbe in grado di sostenere, tanto la Guyana quanto il Venezuela stesso. Bisogna poi tener conto anche delle altre potenze che potrebbero sentirsi minacciate dall’inizio di un conflitto in America Latina, come il Brasile, grande potenza del continente che confina con entrambi i Paesi, ma anche gli USA, soprattutto a causa dei loro interessi nella zona e dell’ostilità verso il governo di Maduro.


La comunità internazionale segue la vicenda da vicino per far in modo che si arrivi a una risoluzione pacifica attraverso la via della diplomazia così da preservare la pace nel continente americano.



Fonti


[1] Alessandro Beloli, Arriva la guerra in Sudamerica? Cosa succede in Venezuela dopo il referendum di Maduro sulla Guyana, Geopop, 5 dicembre 2023, https://www.geopop.it/arriva-la-guerra-in-sudamerica-cosa-succede-in-venezuela-dopo-il-referendum-di-maduro-sulla-guyana/?utm_source=whatsapp&utm_medium=link&acc=whatsapp-geopop

[2] Norberto Paredes, Cómo Guyana pasó de ser uno de los países más pobres de América al que más crece del mundo (y por qué el Esequibo reclamado por Venezuela fue clave), Bbc Mundo, 7 dicembre 2023, https://www.bbc.com/mundo/articles/cw52zzze790o

[3] Wikipedia, Guyana Esequiba, https://it.wikipedia.org/wiki/Guayana_Esequiba

[4] ibidem

[5] Redazione, Referendo en Venezuela deja una cifra cuestionada, "alarmas" en el PSUV y al Esequibo "en riesgo", Voz de America, 4 dicembre 2023, https://www.vozdeamerica.com/a/lo-que-deja-referendo-venezuela-expertos-saltan-alarmas-psuv-esequibo-en-riesgo-/7382590.html

[7] Redazione, "Nada que temer", dice presidente de Guyana sobre referendo, DW, 3 dicembre 2012, https://www.dw.com/es/nada-que-temer-dice-presidente-de-guyana-sobre-referendo/a-67620198

[8] Juan Diego Quesada, Venezuela y Guyana acuerdan no amenazarse ni usar la fuerza en su disputa por el Esequibo, El Pais, 15 dicembre 2023, https://elpais.com/america/2023-12-15/venezuela-y-guyana-acuerdan-no-amenazarse-ni-usar-la-fuerza-en-su-disputa-por-el-esequibo.html

bottom of page