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  • Immagine del redattoreGiulio Ardenghi

Conquistatori di cultura? Alla scoperta dell’appropriazione culturale


Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, due donne bianche, Kali Wilgus e Liz Connelly, decidono di aprire un locale in cui servono burritos a Portland, nell’Oregon. Per i primi mesi gli affari gli vanno davvero bene, ma poi le proteste costringono le due imprenditrici a chiudere la loro attività. Il motivo di tali proteste è che le due donne vengono accusate di appropriazione culturale, ovvero di appropriarsi indebitamente di una cultura non loro per il proprio tornaconto, e di rafforzare così facendo l’egemonia della cultura dominante su quella dominata.


Ironicamente, nel contesto della massiccia gogna via social a cui le due donne sono state sottoposte, un commento recita: “rubare è nella loro natura (dei bianchi N.d.T.) quindi non sono sorpresa. Non sono creativi quindi dovevano prendere l’idea da qualcuno”. [1] Se non altro, questo segnala che il problema dell’appropriazione culturale è sentito così forte da certe fasce della popolazione statunitense che anche frasi francamente razziste sono permesse quando si tratta di protestare cvontro di esso.


Ci sono tanti esempi più o meno simili a quello riportato, in cui molte persone, sia online che nella realtà, si oppongono con forza a fenomeni che percepiscono come appropriazioni culturali. Alcuni dei temi principali sono l’uso di dreadlock o di tagli di capelli “afro” da parte di individui non neri, o l’uso di abbigliamento o slang appartenenti a certe culture da parte di soggetti che stanno al di fuori di quelle culture. Ma può capitare anche in contesti meno generali: ad esempio, nel febbraio di quest’anno il giovane scrittore olandese Marieke Lucas Rijneveld deve rinunciare al compito di tradurre nella sua lingua l’opera che una poetessa americana nera, Amanda Gorman, scrive e recita all’inaugurazione della presidenza di Joe Biden in seguito alle proteste di chi non trova giusto che la poesia di una persona di colore venga tradotta da un bianco.


Come sa bene chi si intende di scienze storiche e sociali, fenomeni come il meticciato e la creolizzazione accadono in maniera estremamente frequente, e in tutta probabilità continueranno ad accadere anche se alcuni di noi si batteranno per impedirlo. Innegabilmente, molto spesso i fenomeni appena citati avvengono grazie a episodi di conquista violenta e sottomissione, ma anche una giusta condanna di questi meccanismi può solo fermarsi alla parte delle violenze, senza presupporre che lo scambio culturale in sé sia un male e non solo le violenze che lo hanno causato.


È anche interessante notare come la retorica di chi combatte l’appropriazione culturale sia, mutatis mutandis, estremamente simile a quella che viene usata da chi si oppone all’immigrazione perché la vede come una minaccia all’identità culturale della sua nazione. In entrambi i casi il discorso presuppone che le culture siano qualcosa di statico che non cambia nel tempo, che la contaminazione tra esse sia non solo moralmente sbagliata ma umiliante e pericolosa e che ci siano alcune persone che hanno il dovere di proteggere la purezza della loro cultura anche usando la violenza.

In alcuni casi l’opposizione all’appropriazione culturale viene articolata come opposizione al neoliberismo, il quale sfrutta e banalizza gli elementi delle varie culture per scopi economici. Mentre c’è sicuramente del buono in questo, uno continua comunque a chiedersi in quale modo le multinazionali possano venire danneggiate da proteste che, stringendo, consistono quasi sempre nel bullizzare persone comuni online. Inoltre, l’opporsi alla retorica neoliberista sostituendo ad essa una retorica di isolazionismo nazionale e/o culturale aggressivo è un’idea che è già stata provata qualche decennio fa e che non ha prodotto buoni risultati. Gli italiani dovrebbero saperlo bene.


Tutto questo non deve far pensare che i casi in cui elementi culturali “esotici” o appartenenti a gruppi oppressi vengono umiliati e ridicolizzati non siano numerosi, ma antagonizzare le contaminazioni culturali in sé e per sé, specialmente quando ciò consiste nell’attaccare le persone, non può essere la soluzione.


Fonte: [1] Liam Quinn, White women’s burrito shop is forced to close after being hounded with accusations it was ‘culturally appropriating Mexican food and jobs’, Daily Mail, 24 maggio 2017, https://www.dailymail.co.uk/news/article-4538398/Burrito-shop-shuts-accused-stealing-culture.html


Immagine copertina: Justin Bieber (Fonte: Showbiz Cheat Sheet)

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